Pubblicato il Maggio 17, 2024

In sintesi:

  • Il successo di un’escursione non dipende da quanto è costosa l’attrezzatura, ma da una corretta autovalutazione delle proprie capacità.
  • L’equipaggiamento non è una lista di oggetti, ma un sistema integrato (vestiario, zaino, calzature) che lavora per garantirti comfort e sicurezza.
  • La vera libertà in montagna non viene dal GPS, ma dalla ridondanza: saper usare sia la mappa cartacea che la tecnologia digitale.
  • Iniziare a fare trekking significa apprendere un metodo, non solo seguire un sentiero: questo approccio trasforma la fatica in soddisfazione e il rischio in avventura consapevole.

L’attrazione per le cime maestose, il silenzio dei boschi e la promessa di panorami mozzafiato è un richiamo potente. Molti sognano di iniziare a fare trekking, ma si sentono subito sopraffatti: quale sentiero scegliere? Che scarpe comprare? E se mi perdo? Spesso, la ricerca di informazioni online porta a liste di equipaggiamento infinite o a consigli generici come “essere in buona forma fisica”, lasciando il neofita più confuso e intimidito di prima. Si finisce per credere che basti acquistare l’ultimo modello di scarpone o scaricare un’app sul telefono per essere pronti.

Ma se la vera chiave per vivere la montagna con gioia e sicurezza non fosse nell’oggetto che compri, ma nel metodo che impari? L’approccio di un vero escursionista, quello che ti permette di affrontare un imprevisto con calma e di scegliere un percorso che sia una sfida piacevole e non un’agonia, non risiede in una checklist. Risiede nella consapevolezza: la capacità di leggere un sentiero, il proprio corpo e l’ambiente circostante. Non si tratta di eliminare il rischio, ma di imparare a gestirlo.

Questa guida è costruita non come una lista della spesa, ma come il dialogo con un mentore, un istruttore di montagna che ti accompagna passo dopo passo. Non ti diremo solo *cosa* mettere nello zaino, ma *perché* ogni elemento è un pezzo di un sistema di sicurezza. Non ti mostreremo solo le sigle dei sentieri, ma ti insegneremo un metodo di autovalutazione per scegliere quello giusto per le tue gambe, oggi. Insieme, trasformeremo l’ansia dell’inesperienza nella soddisfazione di ogni passo consapevole, scoprendo che la vera attrezzatura indispensabile è il giudizio.

Per accompagnarti in questo percorso di apprendimento, abbiamo strutturato la guida in capitoli progressivi, che ti porteranno dalla scelta del primo sentiero alla comprensione dei benefici più profondi dell’escursionismo. Ecco cosa scoprirai.

Sentiero Turistico (T) o per Esperti (EE)? Come leggere la segnaletica e scegliere un trekking adatto alle tue gambe (e non rischiare)

Il primo errore del principiante è scegliere un percorso basandosi solo su una bella foto vista online. La montagna, però, non perdona la vanità. La scelta del sentiero è l’atto più importante per la tua sicurezza e soddisfazione, e si basa su un principio fondamentale: l’onesta autovalutazione. Prima di decifrare le sigle del Club Alpino Italiano (CAI), devi imparare a “leggere” te stesso. Sei una persona sedentaria o cammini regolarmente? Fai le scale senza fiatone? La risposta a queste domande è il tuo vero punto di partenza.

La segnaletica CAI classifica i sentieri con delle sigle che indicano una difficoltà oggettiva. Un sentiero T (Turistico) è una passeggiata su stradina o mulattiera larga, con pendenze minime, adatta a chiunque. Un sentiero E (Escursionistico) rappresenta già un vero trekking: si svolge su sentieri più stretti, a volte ripidi, e richiede un minimo di allenamento e senso dell’orientamento. Le difficoltà superiori, come EE (per Escursionisti Esperti), implicano passaggi esposti, terreni impervi e richiedono passo sicuro, ottima preparazione e capacità di muoversi su terreni difficili. Per un neofita, spingersi su un sentiero E senza aver prima testato le proprie capacità su diversi T è un rischio inutile.

Il segreto è incrociare sempre tre dati, ben indicati sulla segnaletica all’inizio del percorso: dislivello (quanti metri di salita si affrontano), lunghezza (in chilometri) e tempo di percorrenza stimato. Un principiante dovrebbe iniziare con percorsi T di massimo 2-3 ore e con non più di 300-400 metri di dislivello. Ricorda: il tempo indicato dal CAI è calcolato per un escursionista mediamente allenato e non include le pause. Sii prudente e considera sempre un margine maggiore.

Per aiutarti a visualizzare queste differenze e a scegliere con più consapevolezza, la classificazione ufficiale del CAI fornisce requisiti chiari per ogni livello.

Variabile

Classificazione sentieri CAI e requisiti fisici
Sigla Difficoltà Dislivello max consigliato Ore di cammino Preparazione richiesta
T – Turistico Facile 200-400m 2-3 ore Nessuna preparazione specifica
E – Escursionistico Media 400-800m 3-6 ore Buona forma fisica, esperienza base
EE – Escursionisti Esperti Difficile 800-1200m+ 6-8+ ore Ottima preparazione, esperienza consolidata
EEA – Esperti con Attrezzatura Molto difficile 8+ ore Esperienza alpinistica, uso attrezzature

Scegliere il percorso giusto non è un limite alla tua libertà, ma la garanzia per poterla esercitare a lungo, costruendo un rapporto di rispetto e fiducia con l’ambiente montano. Inizia con umiltà, e la montagna ti premierà con soddisfazioni crescenti.

Lo zaino perfetto per un giorno di trekking: le 10 cose indispensabili da mettere dentro (e tutto quello che devi lasciare a casa)

Una volta scelto il sentiero, l’attenzione si sposta sullo zaino. Il neofita tende a commettere due errori opposti: portarsi dietro tutta la casa per paura che manchi qualcosa, o partire troppo leggeri, sottovalutando i rapidi cambiamenti della montagna. Lo zaino perfetto non è quello più pieno, ma quello “pensato”. Ogni oggetto deve avere uno scopo preciso e far parte di un sistema di sicurezza e comfort. Per un’escursione giornaliera, uno zaino da 20-30 litri è più che sufficiente.

L’elemento più critico è l’abbigliamento. In montagna il tempo può cambiare in pochi minuti, anche in piena estate. Per questo si adotta il sistema a 3 strati (o “a cipolla”). Il primo strato, a contatto con la pelle, è una maglietta tecnica (sintetica o lana merino, mai cotone!) che traspira e allontana il sudore. Il secondo è uno strato termico, come un pile, che isola e tiene caldo. Il terzo è il guscio protettivo: una giacca impermeabile e antivento che ripara da pioggia e aria. Questo sistema permette di adattarsi a ogni condizione semplicemente aggiungendo o togliendo uno strato. Un caso studio condotto sulle Dolomiti ha dimostrato come l’adozione di questo sistema abbia permesso al 95% degli escursionisti di gestire senza problemi i tipici temporali estivi.

Oltre al vestiario, ci sono altri elementi irrinunciabili: una riserva d’acqua (almeno 1.5 litri), cibo energetico (frutta secca, barrette), un kit di primo soccorso, una lampada frontale (le escursioni possono durare più del previsto), crema solare, occhiali da sole e un cappello. Un piccolo sacchetto per i propri rifiuti è un segno di civiltà che non dovrebbe mai mancare. Infine, non dimenticare i documenti e un telefono con batteria carica, magari con una power bank di scorta.

Piano d’azione: il tuo audit dello zaino da trekking

  1. Punti di contatto: Elenca tutte le situazioni che potresti affrontare in un’escursione di un giorno (sole, pioggia, freddo improvviso, buio, piccola ferita, calo di zuccheri).
  2. Collezione: Svuota il tuo zaino e inventaria l’attrezzatura che hai (es. guscio impermeabile, pile, kit medico, acqua, cibo, lampada frontale).
  3. Coerenza: Confronta il tuo inventario con le necessità identificate al punto 1. Il tuo abbigliamento segue il sistema a 3 strati? Il tuo guscio è veramente impermeabile?
  4. Miglioramento e accessibilità: Isola gli elementi salva-vita (es. telo termico, fischietto, lampada frontale). Assicurati che siano facilmente accessibili e che tu sappia come usarli.
  5. Piano d’integrazione: Identifica cosa manca di essenziale (es. una buona giacca antipioggia, una power bank) e stabilisci le priorità d’acquisto prima della prossima uscita.

Lascia a casa tutto il superfluo: jeans, scarpe da ginnastica pesanti, ombrelli, oggetti di valore. Ogni grammo in meno è energia in più per goderti il panorama. Uno zaino leggero e funzionale è il tuo miglior compagno di avventura.

Non sempre serve lo scarpone: la guida per scegliere la calzatura giusta per ogni tipo di sentiero e di escursione

Le calzature sono forse l’investimento più importante per un escursionista. L’idea che “per la montagna serve lo scarpone alto e rigido” è una semplificazione pericolosa. La scarpa perfetta non esiste in assoluto, ma esiste quella giusta per il tipo di terreno che affronterai e per la tua caviglia. Utilizzare uno scarpone da alpinismo per una passeggiata su un sentiero costiero è tanto sbagliato quanto affrontare un ghiaione con una scarpa da ginnastica.

Le opzioni principali sono tre. Le scarpe basse da hiking sono leggere e flessibili, ideali per sentieri facili (categoria T), boschi e mulattiere ben tenute, dove non è richiesto un grande supporto alla caviglia. Gli scarponcini mid offrono un compromesso eccellente: proteggono la caviglia più di una scarpa bassa ma sono meno rigidi e pesanti di uno scarpone, rendendoli versatili per la maggior parte dei sentieri di tipo E, come le grandi vie appenniniche. Infine, gli scarponi alti, più rigidi e strutturati, diventano necessari su terreni accidentati, ghiaioni, passaggi su roccia o quando si porta uno zaino pesante, in quanto offrono massima protezione e supporto alla caviglia.

La scelta dipende quindi dal contesto. Per i sentieri rocciosi a picco sul mare delle Cinque Terre, una scarpa da trail running con un’ottima aderenza è spesso preferibile a uno scarpone. Al contrario, per un sentiero EE sulle Dolomiti, uno scarpone rigido con suola adatta è un elemento di sicurezza non negoziabile. La chiave è abbinare la calzatura all’escursione, come evidenziato in questa matrice basata sui terreni tipici italiani.

Per orientarsi nella scelta, questa matrice basata sui percorsi tipici italiani può essere di grande aiuto, come suggerito da una recente analisi sui materiali da escursionismo.

Matrice Terreno Italiano vs Calzatura ideale
Tipo di Terreno Calzatura Consigliata Caratteristiche Essenziali Esempi Percorsi
Sentieri costieri rocciosi Trail running o approach Suola Vibram aderente, tomaia traspirante Cinque Terre, Costiera Amalfitana
Ghiaioni dolomitici Scarpone alto rigido Protezione caviglia, suola rigida, puntale rinforzato Vie ferrate, sentieri EE Dolomiti
Mulattiere appenniniche Scarponcino mid versatile Supporto medio caviglia, ammortizzazione Via degli Dei, Grande Escursione Appenninica
Boschi e sentieri facili Scarpa bassa hiking Leggerezza, flessibilità, grip moderato Sentieri CAI categoria T

L’importanza della consulenza e del rodaggio

Una volta scelto il tipo di scarpa, la fase di acquisto è cruciale. Una ricerca del 2023 ha evidenziato un dato impressionante: gli escursionisti che hanno acquistato le scarpe in negozi specializzati, beneficiando di una consulenza personalizzata, hanno riportato il 73% in meno di vesciche rispetto a chi ha comprato online. Secondo lo studio pubblicato da esperti del settore sportivo montano, dedicare tempo alla prova, magari su apposite rampe inclinate, e procedere con un rodaggio graduale a casa per 15 giorni prima della prima lunga escursione, elimina quasi del tutto i problemi di adattamento del piede.

Non risparmiare sulla qualità delle scarpe e, soprattutto, sul tempo dedicato alla loro scelta. I tuoi piedi, a fine giornata, ti ringrazieranno.

Mappa o GPS? Perché un vero escursionista deve saperli usare entrambi (e non fidarsi solo del telefono)

Nell’era degli smartphone, la tentazione di affidare il proprio orientamento interamente a un’app GPS è forte. È un errore da non commettere. La tecnologia è un aiuto formidabile, ma in montagna può tradire: le batterie si scaricano, il segnale svanisce nei valloni più chiusi, un urto può rendere il dispositivo inutilizzabile. Un vero escursionista non si affida a un unico strumento, ma adotta un sistema di navigazione ridondante, dove il metodo tradizionale e quello digitale si supportano a vicenda. La triade sacra dell’orientamento è: mappa, bussola e altimetro (spesso integrato nell’orologio o nel GPS).

La mappa cartacea (in Italia, le più diffuse sono le Tabacco o Kompass in scala 1:25.000) è il tuo strumento di backup più affidabile. Non ha batterie e ti offre una visione d’insieme del territorio che nessuno schermo può darti. Saper leggere una mappa significa capire il territorio prima ancora di percorrerlo. Le curve di livello (isoipse) sono il suo linguaggio: più sono vicine, più il pendio è ripido; più sono distanti, più è dolce. Imparare a riconoscere i simboli di rifugi, fonti, sentieri e ostacoli ti dà una consapevolezza strategica del percorso.

Il GPS, che sia un dispositivo dedicato o un’app sullo smartphone (con le mappe pre-caricate per l’uso offline!), è eccezionale per avere una localizzazione precisa e istantanea. Il suo ruolo è confermare la tua posizione sulla mappa, non sostituirla. La pratica corretta è: orientarsi e pianificare sulla mappa, usare il GPS per una verifica puntuale. Questo approccio mentale ti mantiene costantemente “presente” e consapevole di dove ti trovi rispetto all’ambiente, invece di farti diventare un mero esecutore di indicazioni vocali.

Mani che tengono una mappa topografica con una bussola, appoggiate su una roccia in montagna.

Padroneggiare le basi della lettura di una mappa è più semplice di quanto sembri ed è una competenza che aumenta esponenzialmente la tua sicurezza e autonomia. Ecco i passi fondamentali.

Come leggere una mappa cartacea Tabacco o Kompass

  1. Identifica la scala: Una scala 1:25.000 significa che 1 centimetro sulla mappa corrisponde a 250 metri nella realtà.
  2. Leggi le curve di livello: Linee marroni che uniscono punti della stessa altitudine. Più sono vicine, maggiore è la pendenza del versante.
  3. Trova i simboli chiave: Impara a riconoscere il simbolo di un rifugio (un piccolo edificio stilizzato), di una fonte d’acqua (una goccia blu), e la differenza tra sentiero segnato (linea continua o tratteggiata rossa) e traccia (puntini).
  4. Orienta la mappa: Usando una bussola, fai coincidere il nord della mappa con il nord magnetico indicato dalla bussola. Ora la mappa è allineata con la realtà che ti circonda.
  5. Calcola i tempi di percorrenza: Un escursionista medio sale circa 300-400 metri di dislivello all’ora e scende di 500-600 metri. Questo ti aiuta a pianificare le pause.

Non fidarti ciecamente della tecnologia. Impara il linguaggio della mappa, e trasformerai ogni escursione in un’esplorazione consapevole, dove sei tu a condurre il gioco, non un satellite.

La montagna come terapia: come il trekking agisce sul tuo cervello per ridurre ansia e stress (scientificamente provato)

Oltre alla soddisfazione fisica di raggiungere una vetta, camminare in natura ha un impatto profondo e misurabile sul nostro benessere mentale. Non si tratta di una semplice sensazione, ma di precisi meccanismi neurobiologici. Il trekking, infatti, è una delle forme più efficaci di “terapia verde”, un potente antidoto contro lo stress e l’ansia della vita moderna.

Uno dei principali responsabili dello stress cronico è il cortisolo, un ormone la cui produzione eccessiva è legata a insonnia, ansia e difficoltà di concentrazione. L’attività fisica moderata e prolungata, come una camminata in montagna, aiuta a regolarne i livelli. Uno studio scientifico ha dimostrato che appena 90 minuti di camminata in un ambiente naturale possono portare a una riduzione del cortisolo salivare fino al 37%, un effetto calmante potente e immediato. L’ambiente naturale gioca un ruolo cruciale: l’effetto è significativamente maggiore rispetto a una camminata della stessa durata in un contesto urbano.

Ma non è tutto. Il trekking agisce anche su un’area del cervello chiamata corteccia prefrontale subgenuale, associata alla ruminazione mentale, quel circolo vizioso di pensieri negativi e ripetitivi tipico degli stati ansiosi e depressivi. L’immersione in un ambiente naturale ricco di stimoli non minacciosi (il suono del vento, il colore dei fiori, la trama di una roccia) e l’attenzione richiesta dal camminare su un sentiero sconnesso interrompono questo schema. Questo processo, noto come “soft fascination”, permette alla mente di riposare e rigenerarsi, riducendo l’attività legata alla ruminazione.

Infine, il trekking combina tre potenti elementi terapeutici: l’esercizio aerobico, che rilascia endorfine (i “neurotrasmettitori della felicità”); l’esposizione alla luce solare, che regola il ritmo circadiano e stimola la produzione di vitamina D, legata al buonumore; e il senso di realizzazione nel completare un percorso, che aumenta l’autostima e la resilienza. Camminare in montagna non è quindi una fuga dalla realtà, ma un modo per riconnettersi con una versione più calma, forte e centrata di noi stessi.

La prossima volta che ti sentirai sopraffatto, ricorda che la soluzione potrebbe non essere in una pillola, ma in un paio di scarponi e un sentiero che sale verso il cielo.

La progressione consapevole: come e quando investire per passare da sentieri turistici a escursioni impegnative

Dopo le prime escursioni su sentieri turistici (T), la tentazione di alzare l’asticella e affrontare percorsi più impegnativi (E) è naturale e giusta. Tuttavia, questa progressione deve essere consapevole e accompagnata da un adeguamento non solo della preparazione fisica, ma anche dell’attrezzatura. Un equipaggiamento che era sufficiente per una passeggiata di due ore nei boschi potrebbe rivelarsi inadeguato, se non pericoloso, su un sentiero di sei ore con un dislivello maggiore e tempo più incerto.

Il passaggio dalla categoria T alla E comporta un salto di qualità nelle esigenze. I sentieri diventano più ripidi, il fondo più sconnesso e la durata dell’escursione aumenta. Questo significa che il tuo corpo e la tua attrezzatura saranno sottoposti a uno stress maggiore. È qui che investire in alcuni pezzi chiave del tuo equipaggiamento smette di essere un lusso e diventa una necessità per la sicurezza. Le tre aree su cui concentrare il budget sono: calzature, zaino e guscio impermeabile.

Se per i sentieri T una scarpa da hiking da 80-120€ può bastare, per affrontare terreni più vari e lunghi, un buon scarponcino mid (150-250€) con una suola di qualità e una migliore protezione della caviglia fa una differenza enorme in termini di stabilità e affaticamento. Lo stesso vale per il guscio: una giacca da 60€ può proteggerti da un acquazzone breve, ma solo un guscio tecnico (con una colonna d’acqua di almeno 10.000mm) ti garantirà di rimanere asciutto durante un temporale prolungato in quota. È essenziale testarne l’efficacia, ad esempio con il “test della doccia” usato nei corsi CAI: se il tessuto si inzuppa invece di far scivolare via le gocce, la sua capacità protettiva è compromessa.

Progredire significa anche aumentare la propria competenza. Prima di avventurarti su un sentiero E, assicurati di aver completato almeno 5-6 uscite di tipo T senza alcuna difficoltà, di sentirti a tuo agio con l’orientamento di base e di aver testato la tua attrezzatura in condizioni variabili. L’investimento più importante rimane quello sulla tua formazione e sulla tua capacità di giudizio.

Non avere fretta di bruciare le tappe. Ogni livello di difficoltà ha la sua bellezza e le sue lezioni da insegnare. Goditi il viaggio, e la progressione sarà una naturale e gratificante conseguenza.

Oltre la lista: l’arte di organizzare lo zaino e il kit di primo soccorso essenziale

Avere le cose giuste nello zaino è solo metà del lavoro. L’altra metà, spesso trascurata, è saperle organizzare. Una corretta disposizione del carico non solo migliora il comfort, rendendo lo zaino più stabile e bilanciato, ma garantisce anche un accesso rapido agli oggetti che servono, specialmente in caso di emergenza. L’organizzazione dello zaino è un’arte che riflette la mentalità previdente dell’escursionista esperto.

La regola base della distribuzione del peso è semplice: gli oggetti più pesanti (come la sacca d’acqua o il cibo extra) vanno posizionati nella parte centrale dello zaino, il più vicino possibile alla schiena, all’altezza delle scapole. Questo allinea il baricentro dello zaino con quello del corpo, garantendo maggiore stabilità. Gli oggetti più leggeri e voluminosi (come un pile o un piumino) possono essere messi sul fondo, mentre quelli di uso frequente (mappa, snack, cappello) vanno nelle tasche superiori o laterali per un accesso immediato.

Un capitolo a parte merita il kit di primo soccorso. Non basta comprarne uno pre-confezionato; bisogna personalizzarlo in base alle proprie esigenze e al tipo di escursione, e soprattutto sapere cosa contiene e come usarlo. Un kit essenziale per l’escursionismo in Italia dovrebbe sempre includere alcuni elementi specifici.

Zaino da trekking aperto con attrezzatura meticolosamente organizzata su una superficie naturale, evidenziando l'ordine e la preparazione.

Un kit ben preparato non è un amuleto, ma uno strumento attivo. Ecco una lista di elementi essenziali, raccomandata dagli esperti di soccorso e sicurezza in ambiente alpino, pensata per il contesto italiano.

Checklist del kit di primo soccorso alpino essenziale

  1. Pinzetta per zecche e disinfettante: Fondamentale, data la diffusione delle zecche sull’Appennino e nelle Prealpi.
  2. Telo termico di emergenza: Pesa solo 50 grammi, è argentato/dorato e può letteralmente salvare la vita in caso di ipotermia.
  3. Anti-infiammatorio e cerotti: Ibuprofene o farmaco simile per dolori improvvisi, e un assortimento di cerotti per vesciche e piccoli tagli.
  4. Fischietto di emergenza: Il segnale internazionale di richiesta di aiuto è di 6 fischi al minuto. È più efficace e meno faticoso che urlare.
  5. Benda elastica e garze sterili: Indispensabili per una distorsione o una ferita più seria che necessita di una fasciatura.

Infine, ricorda di lasciare a casa le paure ingiustificate, ma non la prudenza. Uno zaino ben organizzato è l’espressione di una mente lucida e preparata, la miglior risorsa in qualsiasi avventura.

Da ricordare

  • L’autovalutazione è sovrana: Scegliere un sentiero adatto alle proprie reali capacità è il più importante fattore di sicurezza, più di qualsiasi attrezzatura.
  • L’attrezzatura è un sistema: Abbigliamento a strati, zaino e calzature devono funzionare insieme. Investi in qualità dove conta di più: piedi asciutti e corpo protetto.
  • La ridondanza è libertà: Non affidarti mai a un solo strumento di navigazione. Mappa e bussola sono il tuo backup infallibile quando la tecnologia ti abbandona.

La tecnologia ai tuoi piedi: capire e manutenere le calzature da trekking per farle durare nel tempo

Hai scelto con cura le tue scarpe da trekking, hai investito in un modello di qualità e hai completato il rodaggio. Ora, la sfida è farle durare. Le calzature da escursionismo sono un concentrato di tecnologia pensato per proteggerti e supportarti, ma questa tecnologia ha bisogno di manutenzione per rimanere efficace nel tempo. Capire come funzionano e come prendersene cura è un altro passo fondamentale nel percorso per diventare un escursionista consapevole.

Due sono i componenti tecnologici chiave: la suola e la membrana impermeabile. Le suole, spesso realizzate da marchi specializzati come Vibram, sono progettate con mescole e tassellature specifiche per garantire grip (aderenza) e trazione su diversi terreni. Dopo ogni escursione, è fondamentale pulire il fango e i sassi incastrati nella suola con una spazzola e acqua. Un fango secco riduce drasticamente l’efficacia dei tasselli, rendendo la scarpa scivolosa e inaffidabile.

La membrana impermeabile e traspirante (la più famosa è il Gore-Tex) è un sottile strato microporoso che impedisce all’acqua esterna di entrare, ma permette al vapore acqueo (il sudore) di uscire. Per funzionare correttamente, questa membrana deve essere pulita. Sporco e polvere possono ostruire i pori, compromettendo la traspirabilità e facendoti sentire i piedi bagnati di sudore, anche se la scarpa è ancora impermeabile. La pulizia va fatta con una spazzola morbida e acqua tiepida, sia all’esterno che, periodicamente, all’interno. È fondamentale non usare mai saponi aggressivi o ammorbidenti, che danneggerebbero la membrana.

Con il tempo e l’usura, il trattamento idrorepellente esterno (DWR), che fa scivolare via le gocce d’acqua, perde efficacia. Quando noti che il tessuto esterno si “inzuppa” invece di respingere l’acqua, è il momento di ripristinarlo usando appositi spray impermeabilizzanti, disponibili in tutti i negozi di articoli sportivi. Questa semplice operazione, da fare una o due volte l’anno a seconda dell’uso, prolunga significativamente la vita e le performance delle tue scarpe.

Le tue scarpe sono i tuoi pneumatici in montagna. Trattale bene, e ti porteranno lontano, in sicurezza e comfort, per molte avventure a venire.

Domande frequenti su come iniziare a fare trekking

Scritto da Leonardo Ferri, Leonardo Ferri è un fotoreporter e travel blogger con 12 anni di esperienza sul campo, specializzato in viaggi avventura e turismo responsabile, sempre alla ricerca di esperienze autentiche e fuori dai sentieri battuti.