
Contrariamente a quanto si crede, la sicurezza in montagna non dipende dall’attrezzatura più costosa, ma dalla capacità di “leggere” l’ambiente e conoscere i propri limiti.
- Scegliere il sentiero giusto non è solo una questione di gambe, ma di saper interpretare la classificazione ufficiale del Club Alpino Italiano (CAI).
- Lo zaino non è un semplice contenitore, ma un sistema di sopravvivenza bilanciato dove ogni grammo e la sua posizione contano.
Raccomandazione: Prima di comprare, impara a osservare. La preparazione mentale e la consapevolezza sono il primo, fondamentale passo per ogni escursionista di successo.
L’immagine di una vetta solitaria all’alba, il silenzio rotto solo dal vento, la soddisfazione di raggiungere una meta con le proprie forze. La montagna chiama, e sempre più persone sentono il suo richiamo. Eppure, per chi parte da zero, questo mondo può apparire tanto affascinante quanto intimidatorio. La paura di non essere all’altezza, di perdersi o di scegliere l’attrezzatura sbagliata frena molti dal compiere il primo passo. Tecnicamente, si parla spesso di hiking per una camminata giornaliera e di trekking per escursioni di più giorni, ma la sostanza non cambia: si tratta di immergersi nella natura, un passo dopo l’altro.
Il consiglio più comune è “compra un buon paio di scarponi e parti”. Ma questa è una semplificazione pericolosa. La montagna non è una palestra con regole fisse; è un ambiente vivo, che richiede rispetto e comprensione. La vera preparazione non si misura in euro spesi per l’ultimo modello di giacca tecnica, ma nella costruzione di una solida **consapevolezza del terreno** e dei propri limiti. La chiave non è accumulare equipaggiamento, ma imparare a ‘leggere’ il sentiero, a interpretarne i segnali e ad ascoltare il proprio corpo.
E se la vera rivoluzione fosse smettere di pensare al trekking come a una performance sportiva e iniziare a vederlo come un **dialogo con la montagna**? Questo è l’approccio che fa la differenza tra un’escursione subita e un’esperienza che arricchisce. Non si tratta di conquistare vette, ma di conquistare sicurezza e consapevolezza. Questo approccio trasforma l’ansia del neofita in un atteggiamento di rispetto e preparazione, l’unica via per godere appieno dei benefici fisici e mentali che solo l’escursionismo sa offrire.
Questa guida è costruita per accompagnarvi in questo percorso di consapevolezza. Non vi daremo solo una lista della spesa, ma vi insegneremo a fare le scelte giuste per voi. Analizzeremo insieme come decifrare le difficoltà dei sentieri, come comporre uno zaino che sia un alleato e non un peso, e come l’attrezzatura, se scelta con criterio, diventi un’estensione del vostro corpo. Pronti a iniziare questo viaggio?
Sommario: La tua guida passo-passo per un trekking consapevole
- Sentiero Turistico (T) o per Esperti (EE)? Come leggere la segnaletica e scegliere un trekking adatto alle tue gambe (e non rischiare)
- Lo zaino perfetto per un giorno di trekking: le 10 cose indispensabili da mettere dentro (e tutto quello che devi lasciare a casa)
- Non sempre serve lo scarpone: la guida per scegliere la calzatura giusta per ogni tipo di sentiero e di escursione
- Mappa o GPS? Perché un vero escursionista deve saperli usare entrambi (e non fidarsi solo del telefono)
- La montagna come terapia: come il trekking agisce sul tuo cervello per ridurre ansia e stress (scientificamente provato)
- Sentiero Turistico (T) o per Esperti (EE)? Come leggere la segnaletica e scegliere un trekking adatto alle tue gambe (e non rischiare)
- Lo zaino perfetto per un giorno di trekking: le 10 cose indispensabili da mettere dentro (e tutto quello che devi lasciare a casa)
- Non sempre serve lo scarpone: la guida per scegliere la calzatura giusta per ogni tipo di sentiero e di escursione
Sentiero Turistico (T) o per Esperti (EE)? Come leggere la segnaletica e scegliere un trekking adatto alle tue gambe (e non rischiare)
Il primo passo per un’escursione sicura e soddisfacente non si compie sul sentiero, ma a casa, davanti a una mappa o a una guida. La scelta del percorso è l’elemento più critico, e l’errore più comune dei neofiti è sottovalutare la difficoltà o, al contrario, precludersi esperienze meravigliose per un timore eccessivo. Fortunatamente, in Italia il **Club Alpino Italiano (CAI)** ha creato un sistema di classificazione chiaro e universalmente riconosciuto che ci aiuta a fare la scelta giusta.
Questa classificazione non è un suggerimento, ma un codice fondamentale per la nostra sicurezza. Le lettere che trovate sui segnavia bianchi e rossi (T, E, EE, EEA) non indicano solo la difficoltà tecnica, ma presuppongono un certo livello di allenamento, esperienza e attrezzatura. Ignorarle significa mettersi a rischio. Ad esempio, un sentiero classificato come **T (Turistico)** è generalmente una passeggiata su mulattiere o stradine comode, con dislivelli contenuti e che, come indica la classificazione ufficiale del CAI, si sviluppa quasi sempre sotto i 2000 metri di quota. È il punto di partenza ideale.
Al contrario, avventurarsi su un sentiero **EE (per Escursionisti Esperti)** senza la dovuta preparazione fisica e tecnica può trasformare un sogno in un incubo. Questi percorsi possono includere passaggi esposti, terreni impervi e richiedono assenza di vertigini e un’ottima capacità di orientamento. L’obiettivo non è puntare subito al sentiero più difficile, ma progredire gradualmente, costruendo esperienza e forma fisica. La montagna sarà sempre lì ad aspettarvi.
Per aiutarvi a visualizzare queste differenze e a scegliere con cognizione di causa, la tabella seguente riassume le caratteristiche principali delle diverse difficoltà secondo il CAI, come spiegato in dettaglio da diverse guide specializzate.
| Sigla | Difficoltà | Caratteristiche | Preparazione richiesta |
|---|---|---|---|
| T | Turistico | Stradine, mulattiere, percorsi brevi sotto i 2000m | Nessuna preparazione specifica, solo passeggiata |
| E | Escursionistico | Sentieri segnalati, dislivelli 500-1000m | Buon allenamento, esperienza montagna |
| EE | Esperti | Terreni impervi, passaggi esposti, oltre 1000m dislivello | Ottima forma fisica, esperienza alpina, assenza vertigini |
| EEA | Esperti Attrezzati | Vie ferrate, necessaria attrezzatura | Come EE + uso imbrago e dispositivi sicurezza |
Lo zaino perfetto per un giorno di trekking: le 10 cose indispensabili da mettere dentro (e tutto quello che devi lasciare a casa)
Una volta scelto il sentiero, è il momento di preparare il nostro “guscio”: lo zaino. L’approccio del neofita è spesso binario: o troppo pieno, con un carico eccessivo che sfianca dopo la prima ora, o troppo vuoto, esponendosi a rischi inutili. Lo zaino da trekking non è una valigia, ma un kit di sopravvivenza e comfort. Per un’escursione giornaliera, uno **zaino da 20-30 litri** è più che sufficiente. La sua funzione non è solo contenere, ma anche distribuire il peso correttamente sulla schiena e sui fianchi.
La regola d’oro è portare con sé l’indispensabile, pensando non solo allo scenario migliore (una giornata di sole) ma anche a quello peggiore (un temporale improvviso, un piccolo infortunio, un ritardo che ci fa rientrare col buio). La montagna è imprevedibile, e la nostra **autosufficienza responsabile** dipende da ciò che abbiamo nello zaino. Questo significa avere sempre con sé un guscio impermeabile, anche se il cielo è sereno alla partenza, e una torcia frontale, anche se si prevede di rientrare nel primo pomeriggio.
L’immagine seguente mostra una disposizione ideale dell’attrezzatura essenziale. Ogni oggetto ha un suo perché e risponde a una precisa esigenza di sicurezza, idratazione, nutrimento o protezione. Imparare a preparare lo zaino è la prima vera abilità di un escursionista.

Ma cosa mettere dentro concretamente? Ecco una lista di 10 elementi che non dovrebbero mai mancare, una base solida da cui partire per ogni avventura giornaliera in montagna:
- Acqua: Almeno 1,5 litri a persona, in borraccia o sacca idrica. L’idratazione è fondamentale per la prestazione e per prevenire malesseri.
- Cibo energetico: Frutta secca, barrette, un panino. Meglio avere qualcosa in più che in meno.
- Guscio impermeabile/antivento: Il tempo in montagna cambia rapidamente. È la vostra prima linea di difesa.
- Un capo caldo aggiuntivo: Un pile o un piumino leggero, da indossare durante le soste o se la temperatura cala.
- Kit di primo soccorso: Con l’essenziale per piccole ferite e vesciche, oltre a un fischietto per le emergenze.
- Mappa, bussola e/o GPS: Gli strumenti per sapere sempre dove siete.
- Torcia frontale: Indispensabile se un imprevisto vi costringe a camminare al buio. Controllate sempre le batterie.
- Protezione solare: Crema, cappello e occhiali da sole. In quota il sole è molto più forte.
- Coltellino multiuso e sacchetto per i rifiuti: Per piccole necessità e per lasciare il sentiero più pulito di come l’avete trovato.
- Telo termico di emergenza: Pesa pochissimo ma può salvarvi la vita in caso di freddo estremo o infortunio.
Non sempre serve lo scarpone: la guida per scegliere la calzatura giusta per ogni tipo di sentiero e di escursione
Uno dei dogmi più radicati è: “per andare in montagna servono gli scarponi”. Sebbene questo sia vero per l’alta quota e i terreni più impervi, non è una regola assoluta. Indossare uno scarpone rigido da alpinismo su un facile sentiero costiero non solo è inutile, ma può essere controproducente, rendendo la camminata goffa e faticosa. La scelta della calzatura è un’arte che dipende da un’attenta **lettura del terreno** che andremo ad affrontare.
Il mercato oggi offre una vasta gamma di opzioni: dalle leggere scarpe da trail running, perfette per sentieri veloci e con buon grip, alle scarpe da hiking basse o “mid” (che coprono la caviglia), fino agli scarponi veri e propri, più strutturati e protettivi. La domanda da porsi non è “qual è la scarpa migliore?”, ma “qual è la scarpa **giusta per questo specifico percorso** e per il mio piede?”.
Una scarpa da hiking bassa, per esempio, offre grande flessibilità e comfort su mulattiere e sentieri ben tenuti come quelli che si trovano nelle Prealpi o in molte zone dell’Appennino. Uno scarpone più strutturato diventa invece indispensabile quando si affrontano ghiaioni, passaggi su roccia o si cammina per molte ore con uno zaino pesante, in quanto offre un maggiore **supporto alla caviglia** e una protezione superiore al piede.
Il contesto italiano offre una varietà di terreni incredibile, ognuno con le sue esigenze specifiche. Camminare sui sentieri vulcanici dell’Etna non è come percorrere le Alte Vie dolomitiche. La tabella seguente, basata sull’esperienza di molti escursionisti italiani, fornisce una guida pratica per abbinare la calzatura al tipo di avventura che avete in mente.
| Tipo di Terreno | Calzatura Consigliata | Caratteristiche | Esempi di Percorsi |
|---|---|---|---|
| Sentieri costieri | Trail running | Leggere, grip su roccia | Cinque Terre, Costiera Amalfitana |
| Mulattiere alpine | Hiking bassa | Flessibili, suola Vibram | Alpi Apuane, Val Grande |
| Sentieri vulcanici | Hiking mid | Supporto caviglia, antiabrasione | Etna, Vesuvio |
| Alte vie dolomitiche | Scarpone rigido | Impermeabili, protezione totale | Alta Via 1, Tre Cime |
| Ghiaioni e pietraie | Scarpone tecnico | Punta rinforzata, tomaia alta | Gran Sasso, Majella |
Mappa o GPS? Perché un vero escursionista deve saperli usare entrambi (e non fidarsi solo del telefono)
Nell’era degli smartphone, l’idea di portarsi dietro una mappa cartacea e una bussola può sembrare anacronistica. Molti neofiti si affidano completamente alle app sul telefono, ma questa è una delle ingenuità più rischiose. Batterie che si scaricano, assenza di segnale, fragilità del dispositivo: fare esclusivo affidamento sulla tecnologia in montagna significa esporsi a un pericolo reale. Un vero escursionista non sceglie tra analogico e digitale, ma **integra saggiamente entrambi gli strumenti**.
Il GPS (o lo smartphone con un’app di mappatura offline) è uno strumento potentissimo: permette di localizzarsi istantaneamente, registrare la traccia e seguire un percorso pre-caricato. In questo ambito, un’applicazione fondamentale per la sicurezza in Italia è **GeoResQ**, l’app ufficiale del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). Non è solo un navigatore, ma un vero e proprio salvavita.
Studio di caso: L’importanza di GeoResQ del Soccorso Alpino
GeoResQ è un servizio di geolocalizzazione e inoltro delle richieste di soccorso gestito dal CNSAS. Con un piccolo abbonamento annuale, come evidenziato da molte guide sulla sicurezza in montagna, l’app permette di inviare la propria posizione GPS in tempo reale alla centrale operativa. In caso di emergenza, basta premere un pulsante per lanciare un allarme con le proprie coordinate esatte, un’informazione cruciale che velocizza drasticamente i tempi di intervento, soprattutto quando ci si trova in una zona impervia e non si sa descrivere la propria posizione.
Tuttavia, la tecnologia può fallire. È qui che entrano in gioco **mappa e bussola**. Questi strumenti non hanno batterie, funzionano sempre e, soprattutto, obbligano a sviluppare una competenza fondamentale: la capacità di orientarsi osservando il mondo circostante, di “leggere la mappa” confrontandola con le cime, le valli e i fiumi che vediamo. Questa abilità è il cuore della consapevolezza ambientale di un escursionista.

Saper usare mappa e bussola significa essere veramente autonomi. Significa poter trovare la strada anche in caso di “zero segnale” o batteria scarica. Per questo, ogni escursionista dovrebbe conoscere un protocollo di base per orientarsi senza tecnologia.
Piano d’azione: Protocollo d’emergenza “Zero Segnale” per l’orientamento
- Fermati e mantieni la calma: La prima reazione istintiva, procedere a caso, è la più sbagliata. Fermati, respira, bevi un sorso d’acqua e analizza la situazione con lucidità.
- Orienta la mappa: Usa la bussola per allineare il nord della mappa con il nord magnetico. Questo ti permette di far coincidere ciò che vedi sulla carta con il paesaggio reale.
- Identifica punti di riferimento: Cerca elementi inequivocabili visibili sia sulla mappa che nel paesaggio: una cima particolare, una chiesetta, un rifugio, un incrocio di valli.
- Triangola la posizione: Usando almeno due punti di riferimento noti, traccia le direzioni sulla mappa per individuare la tua posizione approssimativa all’incrocio delle linee.
- Segui elementi lineari: Se non sei sicuro, la strategia più sicura è seguire elementi continui del terreno (una cresta, un corso d’acqua, una strada forestale) che sono chiaramente segnati sulla mappa, fino a un punto riconoscibile.
La montagna come terapia: come il trekking agisce sul tuo cervello per ridurre ansia e stress (scientificamente provato)
Oltre alla soddisfazione di raggiungere una meta, camminare in montagna offre benefici profondi e scientificamente provati per la nostra salute mentale. In un mondo che ci vuole sempre connessi e performanti, il trekking rappresenta una forma di **terapia naturale**, un modo per disconnettersi dal rumore di fondo e riconnettersi con sé stessi. Non è solo una sensazione: ci sono meccanismi biologici precisi in gioco.
L’attività fisica aerobica moderata e prolungata, come il camminare, stimola il rilascio di **endorfine**, i cosiddetti “ormoni della felicità”, che generano una sensazione di benessere e riducono la percezione del dolore. Contemporaneamente, l’immersione in un ambiente naturale, pratica conosciuta in Giappone come *shinrin-yoku* o “bagno nella foresta”, ha dimostrato di abbassare i livelli di **cortisolo**, l’ormone dello stress. Il silenzio, i colori della natura e la vastità dei panorami agiscono come un balsamo sul nostro sistema nervoso, riducendo l’ansia e la ruminazione mentale.
L’impegno richiesto dal cammino, la necessità di concentrarsi su dove si mettono i piedi e sul percorso da seguire, costringe la mente a focalizzarsi sul presente, agendo come una vera e propria **meditazione in movimento**. Questo stacco dai pensieri ossessivi e dalle preoccupazioni quotidiane è uno dei regali più preziosi della montagna. Storie di rinascita personale legate al cammino sono numerose e potenti.
Il cammino mi ha aiutato a riprendere possesso del mio corpo, della mia mente e quindi della mia vita… Quando cammini, sei costretta a vivere nel qui e ora, a pensare a dove metti i piedi. E così facendo, la mente si svuota da tutto il resto.
– Marika Ciaccia, come riportato in una sua intervista su Il Giorno
La buona notizia è che non servono imprese epiche per godere di questi benefici. Anche un’escursione semplice e vicina a casa può fare la differenza. L’Italia è piena di “fughe antistress” facilmente raggiungibili dalle principali città, perfette per iniziare a sperimentare il potere terapeutico della montagna:
- Da Milano: I sentieri del Monte San Primo dalla Colma di Sormano, nel cuore del Triangolo Lariano (circa 1h30 di auto).
- Da Roma: I percorsi nel Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, tra faggete secolari e ampi pianori (circa 1h15 di auto).
- Da Napoli: Il celebre Sentiero degli Dei in Costiera Amalfitana, con panorami mozzafiato sul mare (circa 1h30 di auto).
- Da Torino: I sentieri attorno ai Laghi di Avigliana e alla Sacra di San Michele, alle porte della Val di Susa (circa 45 minuti di auto).
- Da Bologna: I calanchi e le doline del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa (circa 30 minuti di auto).
Sentiero Turistico (T) o per Esperti (EE)? Come leggere la segnaletica e scegliere un trekking adatto alle tue gambe (e non rischiare)
Abbiamo imparato a decifrare le sigle del CAI, ma la segnaletica è solo una parte dell’equazione. L’altra, la più importante, siamo noi. Un sentiero classificato “E” (Escursionistico) può essere una piacevole sfida per una persona allenata, ma un calvario insuperabile per chi è abituato a una vita sedentaria. La vera saggezza dell’escursionista non sta nel leggere un cartello, ma nel saper **leggere onestamente sé stesso**.
Prima di scegliere un percorso, ponetevi alcune domande cruciali. Qual è il mio livello di allenamento attuale? Non quello di cinque anni fa, ma oggi. Sono in grado di fare una rampa di scale senza avere il fiatone? Riesco a camminare a passo svelto per un’ora in città? La **sincerità in questa auto-valutazione** è il vostro più grande alleato per la sicurezza. È molto meglio iniziare con un sentiero “T” e finirlo con il sorriso, pieni di voglia di fare il prossimo, piuttosto che affrontare un “E” e tornare a casa distrutti e demoralizzati.
Un altro fattore è l’esperienza pregressa. Avete mai camminato su un terreno sconnesso? Soffrite di vertigini? La paura del vuoto è un limite reale e non va ignorata. Iniziare con percorsi ampi, senza passaggi esposti, permette di prendere confidenza con l’ambiente montano gradualmente. Ricordate: l’obiettivo è il **dialogo con il limite**, non il suo superamento a tutti i costi. Sentire la fatica è normale, ma arrivare all’esaurimento è un segnale che si è andati oltre. Chiedersi “posso farlo?” è meno importante di chiedersi “mi divertirò a farlo?”. Se la risposta alla seconda domanda è no, probabilmente quel sentiero non è ancora quello giusto per voi.
Infine, considerate il gruppo. Se siete agli inizi, evitate di avventurarvi da soli. Uscire con persone più esperte è il modo migliore per imparare. Se invece siete in un gruppo di neofiti, la regola è ferrea: **il ritmo e la difficoltà del percorso si adeguano sempre alla persona più lenta e meno allenata**. Abbandonare qualcuno indietro non è solo sgradevole, è pericoloso. La montagna è condivisione, non competizione.
I punti chiave da ricordare
- La sicurezza in montagna deriva più dalla consapevolezza e dalla preparazione che dall’attrezzatura costosa.
- Impara a leggere la classificazione CAI (T, E, EE) e a valutare onestamente il tuo livello di allenamento prima di ogni escursione.
- Lo zaino deve contenere 10 elementi essenziali per la sicurezza; la sua organizzazione interna è cruciale per comfort e bilanciamento.
Lo zaino perfetto per un giorno di trekking: le 10 cose indispensabili da mettere dentro (e tutto quello che devi lasciare a casa)
Avere la lista dei 10 oggetti essenziali è il punto di partenza. Ma l’arte di preparare lo zaino sta nel dettaglio: come disporre questi oggetti per un comfort ottimale e cosa, categoricamente, **lasciare a casa**. Un errore comune è pensare allo zaino come a un sacco da riempire a caso. In realtà, la disposizione del carico influisce direttamente sul nostro baricentro, sulla nostra fatica e sulla rapidità con cui possiamo accedere agli oggetti importanti.
Il Club Alpino Italiano raccomanda un metodo preciso, basato sulla fisica e sull’esperienza. Il principio è semplice: gli oggetti più pesanti devono stare il più vicino possibile al centro della schiena, né troppo in alto né troppo in basso. Questo stabilizza il baricentro e riduce la sensazione di essere “tirati all’indietro”. Gli oggetti leggeri e voluminosi vanno sul fondo e verso l’esterno, mentre quelli di uso frequente o di emergenza devono essere facilmente accessibili.
Studio di caso: Come preparare lo zaino secondo la logica del CAI
Seguendo le indicazioni di guide esperte, la disposizione logica del contenuto è fondamentale. Secondo un’analisi dettagliata riportata da testate di divulgazione scientifica, la strategia è la seguente: sul **fondo** si mettono gli oggetti più morbidi e leggeri che non servono urgentemente (es. piumino di scorta, ricambi). A contatto con lo **schienale, nella zona centrale**, si posizionano gli oggetti più pesanti (borraccia d’acqua, cibo). Nella **parte superiore** e più esterna vanno gli indumenti di facile accesso (guscio antipioggia, pile). Infine, nelle **tasche laterali e sul cappuccio** si ripongono gli oggetti piccoli e di uso frequente: mappa, bussola, occhiali, crema solare, snack.
Tanto importante quanto sapere cosa mettere, è sapere cosa non mettere. Lasciate a casa tutto ciò che è superfluo, pesante e inadatto. I **jeans in cotone** sono il nemico numero uno dell’escursionista: se si bagnano, non si asciugano mai e provocano un’immediata dispersione di calore. Evitate libri pesanti, dispositivi elettronici non necessari, cibo in contenitori di vetro. Ogni grammo risparmiato è un metro in più di salita fatto con il sorriso. La domanda da porsi per ogni oggetto è: “È davvero indispensabile per la mia sicurezza o il mio comfort?”. Se la risposta è incerta, probabilmente può restare a casa.
Non sempre serve lo scarpone: la guida per scegliere la calzatura giusta per ogni tipo di sentiero e di escursione
Abbiamo visto come abbinare il tipo di calzatura al terreno. Ora affrontiamo l’ultimo, cruciale passo: la **prova e la scelta della misura perfetta**. Una scarpa tecnicamente adatta ma della misura sbagliata è la causa numero uno di vesciche, unghie nere e dolori che possono rovinare un’intera escursione. Scegliere la scarpa giusta è un rito che richiede tempo e attenzione, da celebrare in un negozio specializzato con personale competente.
Mai comprare scarpe da trekking online se non si conosce già perfettamente il modello e la calzata di quella marca. Ogni produttore ha forme diverse e la misura può variare. Recatevi in negozio nel **pomeriggio**, quando il piede è naturalmente più gonfio dopo una giornata di attività, simulando la condizione che avrà durante una lunga camminata. Portate con voi i **calzini da trekking** che userete abitualmente: provate la scarpa con un calzino sottile è un errore che vi costerà caro in termini di comfort.
Una volta indossata la scarpa, la sensazione non deve essere di costrizione. A scarpa slacciata, spingete il piede in avanti: tra il vostro tallone e il retro della scarpa dovrebbe passarci circa un dito. Questo spazio è fondamentale per evitare che le dita sbattano contro la punta durante le discese. Allacciate poi la scarpa in modo saldo ma non troppo stretto e camminate per il negozio. Se possibile, usate le apposite rampette per testare il comportamento in salita (il tallone non deve sollevarsi eccessivamente) e in discesa (le dita non devono assolutamente toccare la punta).
La checklist del “fit perfetto” in 5 passaggi
Per essere sicuri della scelta, molti manuali di escursionismo, come quelli citati da siti specializzati nel settore, suggeriscono un test infallibile. Una volta indossate le scarpe con i calzini giusti, seguite questi passaggi: 1) Verificate lo spazio di un dito dietro al tallone. 2) Allacciate bene e controllate che il tallone sia fermo. 3) Camminate su un piano inclinato per testare la tenuta in salita e discesa. 4) Provate a flettere la scarpa: la piega deve formarsi naturalmente all’altezza dell’avampiede, non al centro dell’arco plantare. 5) Fidatevi delle vostre sensazioni: se sentite un punto di pressione o uno sfregamento, anche minimo, quella scarpa non è adatta al vostro piede.
Ora che avete compreso come scegliere il percorso, preparare lo zaino e selezionare le scarpe, siete pronti per il passo successivo: integrare queste conoscenze in una visione olistica della sicurezza e del benessere in montagna. La preparazione non è una checklist da spuntare, ma un’attitudine mentale. Per iniziare a mettere in pratica questi consigli, il prossimo passo logico è pianificare la vostra prima, semplice escursione su un sentiero di tipo “T”, applicando con cura ogni principio che abbiamo esplorato.