
In sintesi:
- Smetti di cercare di vedere tutto: la chiave è scegliere poche opere e dedicare loro del tempo di qualità.
- Crea il tuo percorso personale: hai il “permesso museale” di ignorare le frecce e seguire solo il tuo interesse.
- Trasforma l’osservazione passiva in una “conversazione attiva” con l’opera, analizzandone dettagli e contesto.
- L’esperienza non finisce all’uscita: consolida i ricordi con piccole attività creative subito dopo la visita.
I piedi che fanno male, un vago senso di colpa per le sale saltate, una confusione di immagini che si sovrappongono nella mente. Se questa descrizione riassume la tua ultima visita a un museo d’arte, non sei solo. Molti di noi vivono l’esperienza museale come un dovere culturale, una maratona estenuante attraverso corridoi infiniti per “spuntare” i capolavori dalla lista. Sentiamo la pressione di dover vedere tutto, capire tutto e, possibilmente, apprezzare tutto. Il risultato? Spesso è una sensazione di inadeguatezza e una stanchezza profonda che gli esperti chiamano “fatica da museo”.
I consigli tradizionali ci dicono di pianificare in anticipo e di non cercare di vedere l’intero museo in un colpo solo. Consigli saggi, ma che non affrontano il nucleo del problema. La questione non è quante opere vedi, ma come interagisci con esse. E se la vera soluzione non fosse ottimizzare la logistica della visita, ma cambiarne radicalmente la filosofia? Se, invece di “consumare” passivamente arte, imparassimo a instaurare una conversazione personale e intima con poche, selezionate opere?
Questo è l’approccio che ti propongo: smettere di essere un turista culturale e diventare un esploratore curioso, il curatore della tua stessa esperienza. In questa guida, scopriremo insieme strategie pratiche e “trucchi del mestiere” per abbandonare l’ansia da prestazione e trasformare ogni visita in un momento di autentico arricchimento personale. Impareremo a scegliere cosa vedere, come guardare un’opera in profondità e come rendere l’esperienza memorabile anche giorni dopo essere usciti dal museo.
Per navigare attraverso queste strategie, abbiamo strutturato l’articolo in sezioni chiave che ti guideranno passo dopo passo in questo nuovo modo di vivere l’arte. Esploriamo insieme come rendere la tua prossima visita indimenticabile.
Sommario: La tua mappa per una visita museale senza stress
- Mostra temporanea o collezione permanente? La strategia per decidere cosa vedere (e non perdersi il meglio)
- La regola dei 15 minuti: come scegliere un solo quadro in un museo e scoprire tutto quello che ha da dirti
- In un museo non sei obbligato a seguire le frecce: come creare il tuo percorso personale e visitare solo quello che ti interessa davvero
- Visitare un museo da soli o in compagnia? Due esperienze completely diverse per scoprire l’arte
- La visita al museo non finisce quando esci: le 3 cose da fare dopo per non dimenticare tutto il giorno dopo
- Come visitare il Louvre senza impazzire: la strategia per godersi i grandi musei invece di subirli
- La magia della prospettiva: come Brunelleschi ha “hackerato” la nostra percezione visiva per creare la pittura moderna
- Cosa guardare in un quadro oltre al disegno: la guida per scoprire i segreti nascosti della pittura
Mostra temporanea o collezione permanente? La strategia per decidere cosa vedere (e non perdersi il meglio)
Il primo bivio che incontri, spesso già online prima di acquistare il biglietto, è una scelta cruciale: dedicare il tuo tempo prezioso alla collezione permanente, il cuore pulsante e stabile del museo, o lasciarti tentare dalla mostra temporanea, un evento unico e irripetibile? Non esiste una risposta giusta in assoluto, ma una risposta giusta per te, in quel preciso momento. La chiave è prendere una decisione consapevole invece di vagare a caso, rischiando di vedere un po’ di tutto ma niente per davvero.
La collezione permanente rappresenta l’identità del museo; offre un contesto, una narrazione che si è costruita nel tempo. La mostra temporanea è un’iniezione di novità, un approfondimento specifico, a volte audace, che può illuminare un artista o un movimento sotto una nuova luce. Pensare a questa scelta non come a un “aut aut”, ma come a una strategia, può cambiare completamente l’esito della tua visita. Un approccio misto può rivelarsi vincente, come dimostrano le strategie dei grandi musei italiani.
Studio di caso: Il successo degli Uffizi con il mix permanente-temporaneo
Le Gallerie degli Uffizi, uno dei musei più amati e visitati d’Italia, hanno dimostrato l’efficacia di un’offerta culturale diversificata. Integrando mostre temporanee di alto profilo all’interno del percorso che ospita capolavori rinascimentali permanenti, offrono ai visitatori la libertà di creare percorsi personalizzati. Questa flessibilità si è tradotta in un successo tangibile: dati recenti confermano un incremento del 3% negli ingressi e del 28% negli introiti rispetto all’anno precedente, evidenziando come la possibilità di scelta arricchisca l’esperienza e incentivi le visite.
Per fare la tua scelta, considera il tempo che hai a disposizione, il tuo livello di conoscenza dell’artista o del periodo, e soprattutto, cosa ti incuriosisce di più in quel giorno. Non sentirti in obbligo di vedere la mostra del momento se il tuo cuore ti porta verso i maestri del Rinascimento nella collezione permanente. La tua visita, la tua scelta.
La regola dei 15 minuti: come scegliere un solo quadro in un museo e scoprire tutto quello che ha da dirti
Immagina di entrare in una sala gremita di capolavori. La reazione istintiva è far scorrere lo sguardo da una tela all’altra, dedicando a ciascuna una manciata di secondi. È la ricetta perfetta per la “fatica da museo”. La proposta controintuitiva è fare l’esatto contrario: scegliere una sola opera e regalarle 15 minuti della tua totale attenzione. Questo approccio trasforma una visione superficiale in una profonda “conversazione con l’opera”. In un quarto d’ora, un’immagine può svelare strati di significato, dettagli ed emozioni che una scansione rapida non potrà mai cogliere.
L’obiettivo non è diventare un critico d’arte, ma stabilire una connessione personale. Lascia che l’opera ti parli. Qual è la prima emozione che suscita? Quale dettaglio cattura il tuo sguardo? Può essere la torsione di una mano in una scultura, una pennellata di colore inattesa, o la luce che filtra da una finestra dipinta. Concentrarsi su un singolo elemento è la porta d’accesso all’intero universo dell’artista. Questo esercizio di osservazione lenta (o “slow looking”) è il più potente antidoto alla fruizione compulsiva.
Per facilitare questa immersione, è utile avere una guida mentale. Il processo può essere suddiviso in fasi, dall’osservazione generale all’analisi dei dettagli, fino alla riflessione personale. Osservare attivamente significa forzare il nostro cervello a vedere davvero, non solo a guardare.
Il tuo piano d’azione: analizzare un’opera in 15 minuti
- Minuti 1-3: Prima osservazione generale. Mettiti a una distanza comoda. Lascia che l’opera ti colpisca nella sua interezza, senza pregiudizi o tentare di “capire” subito. Qual è l’impatto emotivo iniziale?
- Minuti 4-7: Analisi dei dettagli compositivi. Avvicinati. Segui con gli occhi le linee di forza, nota come sono distribuiti i colori, cerca di capire da dove viene la luce. Identifica il punto focale.
- Minuti 8-11: Contestualizzazione. Ora puoi leggere la didascalia o consultare appunti preparati in anticipo. Chi è l’artista? Di che periodo è l’opera? Questa informazione cambia la tua percezione?
- Minuti 12-14: Osservazione attiva. Prova a fare uno schizzo rapidissimo di un dettaglio su un taccuino. Non serve saper disegnare: l’atto di copiare forza l’occhio a registrare forme e proporzioni in modo incredibilmente efficace.
- Minuto 15: Riflessione finale e ancoraggio emotivo. Fai un passo indietro. Cosa ti porti via da quest’opera? Quale sensazione o pensiero ti ha lasciato? Associa l’opera a un ricordo o a un’emozione personale.
Dopo 15 minuti, avrai costruito un legame con quell’opera che durerà molto più a lungo del ricordo fugace di cento quadri visti di sfuggita. E potrai passare alla sala successiva sentendoti arricchito, non svuotato.
In un museo non sei obbligato a seguire le frecce: come creare il tuo percorso personale e visitare solo quello che ti interessa davvero
In quasi tutti i musei, un percorso suggerito guida i visitatori attraverso le sale con un ordine cronologico o tematico. Queste frecce a terra o sui muri sono un aiuto prezioso, ma non sono una legge. Una delle libertà più grandi che puoi concederti è il “permesso museale” di ignorarle. Seguire ciecamente il flusso può portarti a dedicare la stessa, scarsa, attenzione a ogni sala, che ti interessi o meno. Diventare il curatore della tua visita significa costruire un percorso basato sulla curiosità, non sull’obbedienza.
Una strategia efficace, soprattutto nei grandi musei, è quella del “giro di ricognizione”. Come spiegano alcuni esperti di fruizione artistica, questa tecnica consiste nel dedicare i primi minuti a un’esplorazione rapida. Secondo una guida pratica su come visitare i musei, in un massimo di 15 minuti si può fare il giro di tutto il museo per capire quali sale sono più interessanti, per poi tornare indietro e dedicare loro il tempo che meritano. Questo ti dà il controllo: invece di subire il percorso, lo progetti. Puoi decidere di creare un itinerario tematico tutto tuo: “il percorso dei tessuti”, “il percorso degli animali” o “il percorso dei cieli tempestosi”, saltando da un’epoca all’altra alla ricerca del tuo filo rosso personale.
Questa mentalità trasforma la visita da un compito lineare a un’avventura a mappa aperta. L’obiettivo non è più “finire il museo”, ma scovare le opere che risuonano con te. La differenza in termini di affaticamento e soddisfazione è enorme, come dimostra un confronto diretto tra i due approcci.
Il seguente quadro comparativo, basato su analisi sulla fruizione museale, illustra chiaramente i vantaggi di un approccio libero e focalizzato rispetto a quello tradizionale e guidato, come evidenziato in un’analisi di Artribune sui nuovi modelli di visita.
| Aspetto | Percorso Guidato | Percorso Libero |
|---|---|---|
| Durata media | 2-3 ore | 30-45 minuti focalizzati |
| Opere viste | 20-30 opere | 3-5 opere in profondità |
| Livello di comprensione | Superficiale ma ampio | Profondo e personale |
| Affaticamento | Alto dopo 90 minuti | Minimo, esperienza rigenerante |
| Memorizzazione | Limitata per sovraccarico | Duratura per focus selettivo |
La prossima volta che vedi una freccia sul pavimento, ringraziala per il suggerimento e poi sentiti libero di prendere un’altra direzione. Il tesoro che cerchi potrebbe essere proprio lì, fuori dal sentiero battuto.
Visitare un museo da soli o in compagnia? Due esperienze completely diverse per scoprire l’arte
La scelta tra una visita in solitaria e una con amici o partner non è un dettaglio logistico, ma definisce radicalmente il tipo di esperienza che vivrai. Non c’è un’opzione migliore dell’altra; sono semplicemente due modalità diverse di entrare in relazione con l’arte, ognuna con i suoi pro e i suoi contro. Capire quale si adatta meglio al tuo obiettivo del giorno è un altro passo verso la piena padronanza della tua visita.
Visitare un museo da soli è un’immersione totale. Permette la massima concentrazione e introspezione. È la condizione ideale per applicare la “regola dei 15 minuti” e per seguire il proprio istinto senza compromessi, fermandosi per tutto il tempo desiderato davanti a un’opera che ci chiama o saltando intere sezioni senza dover dare spiegazioni. La visita solitaria è una meditazione attiva, un dialogo silenzioso tra te e l’arte.

Al contrario, la visita in compagnia è un’esperienza sociale. L’arte diventa un catalizzatore per la conversazione e la condivisione. Il commento di un amico può farti notare un dettaglio che ti era sfuggito, e confrontare le proprie interpretazioni arricchisce la comprensione di tutti. Tuttavia, il rischio è che la conversazione prenda il sopravvento sull’osservazione e che i ritmi e i gusti diversi creino frustrazione. Come trovare un equilibrio? Esiste una strategia brillante che unisce il meglio dei due mondi, particolarmente adatta alla cultura conviviale italiana.
La strategia della “visita a staffetta” per gruppi
- Appuntamento e orario: Datevi appuntamento all’ingresso e stabilite un orario preciso e un luogo per ritrovarvi alla fine (ad esempio, la caffetteria del museo o un bar vicino).
- Esplorazione individuale: Concedetevi un tempo definito (60-90 minuti) per visitare il museo ognuno per conto proprio, in silenzio, seguendo il proprio ritmo e interesse.
- Scelta personale: Durante il giro in solitaria, ogni persona sceglie mentalmente 2 o 3 opere che l’hanno colpita di più, su cui vorrà condividere qualcosa.
- L’aperitivo post-visita: Ritrovatevi all’orario concordato. Questo momento conviviale è una tradizione tipicamente italiana che trasforma il post-visita in parte integrante dell’esperienza.
- Condivisione delle scoperte: Davanti a un caffè o uno spritz, ognuno racconta agli altri le proprie scoperte, mostrando magari le foto delle opere scelte. È un modo per “visitare” il museo una seconda volta attraverso gli occhi degli altri.
Questa tecnica permette di mantenere la profondità della visita individuale, aggiungendovi il piacere della condivisione e del confronto in un secondo momento, senza che le due cose si ostacolino a vicenda.
La visita al museo non finisce quando esci: le 3 cose da fare dopo per non dimenticare tutto il giorno dopo
Una delle maggiori frustrazioni dopo una visita al museo è la sensazione che tutto svanisca rapidamente. Le immagini si confondono e, il giorno dopo, ricordiamo a malapena cosa abbiamo visto. Questo accade perché il nostro cervello ha bisogno di “agganci” per consolidare i ricordi. L’esperienza museale, quindi, non dovrebbe concludersi sulla soglia dell’uscita. Bastano poche e semplici azioni nei minuti e nelle ore successive per trasformare impressioni fugaci in ricordi duraturi e significativi.
L’obiettivo è creare un “ancoraggio emotivo e sensoriale”. Si tratta di collegare l’esperienza visiva del museo a un’altra azione o sensazione. Questo processo di rielaborazione attiva è ciò che distingue un visitatore passivo da un amante dell’arte che costruisce attivamente il proprio bagaglio culturale. Non serve scrivere un saggio critico; sono sufficienti piccoli gesti creativi che aiutino a “processare” ciò che si è visto e sentito. Questo approccio sta diventando un modello di fruizione consapevole, incoraggiato anche dagli stessi esperti museali.
Come riportato da analisi sul campo, la tendenza si sta spostando verso un nuovo modello di frequentazione. L’idea è che chi va al museo, va a scoprire una specifica opera, integrando la visita nella propria routine. Una visita breve, magari in settimana, che termina con un momento di riflessione nella caffetteria del museo, diventa un rituale che favorisce enormemente la memorizzazione e la connessione personale. Questo nuovo paradigma trasforma il museo da meta turistica a luogo familiare.
Per rendere questo processo concreto, ecco un metodo pratico che puoi applicare subito dopo la tua prossima visita, un piccolo rituale per “digerire” l’esperienza artistica.
Il metodo del “diario multi-sensoriale” post-visita
- La nota vocale a caldo (entro 30 min): Appena uscito, registra sul tuo smartphone una nota vocale di massimo 2 minuti. Descrivi a ruota libera l’impressione generale e l’opera che ti ha colpito di più. La voce cattura un’emotività che la scrittura a volte perde.
- L’associazione visiva urbana: Nel tragitto verso casa, scatta una foto a un dettaglio urbano (un colore, una forma, un gioco di luci) che in qualche modo ti ricorda un’opera o un’atmosfera del museo. Questo crea un ponte tra l’arte e la tua quotidianità.
- La nota digitale combinata: La sera, crea una singola nota sul tuo telefono o computer. Includi uno screenshot dell’opera preferita (cercata online), la tua impressione scritta (anche solo tre parole chiave) e il link a una canzone che, secondo te, ne cattura l’atmosfera.
- L’approfondimento mirato: Invece di cercare informazioni generiche, dedica 20 minuti a ricercare UN SOLO dettaglio che ti ha incuriosito: la storia di un pigmento raro usato dal pittore, il significato di un simbolo nascosto, o la biografia della persona ritratta.
- Pianifica il ritorno: Se un’opera ti ha davvero folgorato, metti in agenda una futura mini-visita (anche di soli 30 minuti) dedicata solo a lei e a poche altre nella stessa sala.
Come visitare il Louvre senza impazzire: la strategia per godersi i grandi musei invece di subirli
Il Louvre, i Musei Vaticani, gli Uffizi. Nomi che evocano meraviglia ma anche, per molti, un’opprimente sensazione di ansia. Questi “musei-città” sono la prova del nove per ogni visitatore: o applichi una strategia, o ne esci sconfitto. Cercare di “fare” il Louvre in un giorno è come cercare di leggere l’intera Enciclopedia Treccani in un pomeriggio: impossibile e controproducente. La chiave per non impazzire è accettare una verità liberatoria: non vedrai tutto. E va benissimo così.
Il primo passo è un drastico cambio di mentalità: non stai visitando “il Louvre”, stai visitando il “tuo” Louvre. Applica i principi della curatela personale su larga scala. Prima ancora di entrare, decidi una missione precisa. Dimentica la lista dei “10 capolavori da non perdere” che tutti seguono. La tua missione potrebbe essere: “Oggi vedo solo pittura italiana del Rinascimento” oppure “Oggi mi concentro solo sulla scultura greca” o ancora, qualcosa di più creativo, come “Oggi seguo il percorso dei gioielli e delle corone”. Avere un obiettivo chiaro ti darà un filtro potentissimo per navigare le immense collezioni.
p>Una volta dentro, applica la tecnica del “giro di ricognizione” su scala ridotta, limitandoti all’ala che hai scelto. Identifica le 2-3 sale che ti attraggono di più e concentrati solo su quelle. All’interno di quelle sale, scegli una o due opere per applicare la “regola dei 15 minuti”. In una visita di tre ore, potresti finire per osservare in profondità solo 5 o 6 opere. Potrebbe sembrare poco, ma l’impatto emotivo e intellettuale sarà infinitamente maggiore rispetto a una marcia forzata davanti a centinaia di tele. Ricorda: il tuo obiettivo non è collezionare avvistamenti di quadri famosi, ma collezionare esperienze significative.
Infine, sii spietato con le distrazioni. La Gioconda? A meno che non sia l’obiettivo primario della tua missione, sentiti autorizzato a saltarla. La folla oceanica che si accalca di fronte ad essa drenerà le tue energie mentali, lasciandoti troppo esausto per apprezzare gemme nascoste in sale quasi deserte. Visitare un grande museo con successo è un atto di rinuncia consapevole: rinunci alla quantità per abbracciare una qualità dell’esperienza che ti arricchirà davvero.
La magia della prospettiva: come Brunelleschi ha “hackerato” la nostra percezione visiva per creare la pittura moderna
A volte, per apprezzare davvero un quadro, dobbiamo capire non solo *cosa* rappresenta, ma *come* è stato costruito. Una delle più grandi rivoluzioni nella storia dell’arte è stata l’invenzione della prospettiva lineare, una tecnica che ha letteralmente “hackerato” il modo in cui percepiamo lo spazio su una superficie bidimensionale. E il genio che ci ha regalato questo “codice” è stato l’architetto fiorentino Filippo Brunelleschi, intorno al 1415.
Prima di Brunelleschi, la pittura medievale rappresentava lo spazio in modo simbolico. Le figure più importanti erano più grandi, e la profondità era suggerita in modo goffo e intuitivo. Mancava un sistema matematico per creare un’illusione realistica. Brunelleschi, ossessionato dall’architettura romana, capì che poteva codificare le regole della visione. Immaginò l’occhio umano come il vertice di una piramide visiva, e la tela come un piano che interseca questa piramide. Tutte le linee parallele che si allontanano dall’osservatore (come i lati di una strada o le fughe di un pavimento) sembrano convergere in un unico punto di fuga all’orizzonte.
Per dimostrare la sua teoria, Brunelleschi condusse un esperimento leggendario di fronte al Battistero di Firenze. Dipinse il Battistero su una tavoletta di legno con una precisione matematica, per poi forarla esattamente nel punto di fuga. Chiese a un osservatore di guardare attraverso il foro dal retro della tavoletta e di tenere uno specchio di fronte ad essa. Guardando attraverso il buco, la persona non vedeva il dipinto, ma la sua immagine riflessa nello specchio. Abbassando e alzando lo specchio, poteva confrontare l’immagine dipinta con l’edificio reale, constatando che erano identiche. Era la prova: aveva catturato la realtà tridimensionale su una superficie piana.
Questa scoperta ha cambiato tutto. Artisti come Masaccio, Donatello e poi Leonardo e Raffaello adottarono questa tecnica per creare opere con una profondità e un realismo mai visti prima. Quando oggi guardi un quadro rinascimentale e senti di poter “entrare” nella scena, stai sperimentando la magia di quell’hack visivo inventato da Brunelleschi più di 600 anni fa. Cercare le linee di fuga e il punto di fuga in un quadro è come trovare la chiave di volta della sua architettura interna.
Da ricordare
- Qualità batte quantità: Una connessione profonda con 3 opere è più arricchente di uno sguardo superficiale su 300.
- Sei tu il curatore: Concediti il permesso di ignorare i percorsi suggeriti e di seguire unicamente la tua curiosità.
- L’esperienza continua dopo: Bastano pochi minuti dopo la visita per rielaborare, associare e consolidare ciò che hai visto, trasformando la visita in un ricordo duraturo.
Cosa guardare in un quadro oltre al disegno: la guida per scoprire i segreti nascosti della pittura
Ora che abbiamo imparato a scegliere cosa vedere e come dedicargli il giusto tempo, entriamo nel cuore della “conversazione con l’opera”. Superato l’impatto iniziale del soggetto (“è un ritratto”, “è un paesaggio”), cosa possiamo guardare per capire di più? Il disegno e la storia rappresentata sono solo la punta dell’iceberg. Un’opera d’arte è un complesso sistema di decisioni prese dall’artista, e imparare a decifrare questi elementi ti aprirà un mondo di significati nascosti.
Sviluppare il tuo sguardo significa dotarsi di una sorta di “cassetta degli attrezzi” visiva. Invece di chiederti passivamente “cosa mi piace?”, puoi iniziare a porti domande attive: “come ha fatto l’artista a creare questo effetto?”. Ogni elemento, dalla composizione alla pennellata, è una parola nel vocabolario dell’artista. Analizzarli non è un esercizio accademico, ma un modo per entrare nella mente del creatore e comprendere il suo linguaggio. Con il tempo, riconoscerai questi elementi istintivamente, e la tua fruizione diventerà infinitamente più ricca e consapevole.
Ecco una guida pratica agli elementi fondamentali da osservare in qualsiasi quadro, una checklist mentale da usare durante la tua “regola dei 15 minuti” per andare oltre la superficie.
- La Composizione: Come sono disposti gli elementi sulla tela? Cerca le linee di forza (diagonali, curve, verticali) che guidano il tuo sguardo. La composizione è equilibrata e statica o dinamica e instabile? L’artista ha usato schemi geometrici come il triangolo o la sezione aurea?
- La Luce: Da dove viene la luce? È una luce naturale o artificiale? Morbida e diffusa o dura e drammatica (come in Caravaggio)? La luce serve a modellare le figure, a creare atmosfera e a dirigere l’attenzione sui punti focali.
- Il Colore: I colori sono brillanti o spenti? Caldi o freddi? L’artista ha usato una tavolozza limitata o un’ampia gamma di tinte? I colori hanno un valore simbolico (pensa al blu del manto della Vergine) o sono usati per esprimere emozioni?
- La Materia e la Pennellata: Avvicinati (con cautela!). La superficie è liscia e levigata o ruvida e materica? Le pennellate sono invisibili (come in Raffaello) o spesse, visibili ed energetiche (come in Van Gogh)? La texture stessa del colore è parte del messaggio.
- I Simboli nascosti: Soprattutto nell’arte antica, molti oggetti hanno un significato allegorico. Un teschio (memento mori), un cane (fedeltà), un frutto marcio (caducità della vita). Fare una piccola ricerca su questi simboli può svelare un intero strato narrativo nascosto.
Questa non è una lista da imparare a memoria, ma una serie di porte. La prossima volta che sarai davanti a un quadro, prova ad aprirne una e vedi dove ti porta. Ogni opera ti darà una risposta diversa, e quella è l’essenza della scoperta.
Ora che possiedi gli strumenti per trasformare ogni visita in un’avventura personale, non ti resta che metterli in pratica. Scegli un museo vicino a te, definisci la tua piccola missione e preparati a guardare l’arte con occhi nuovi. L’unica cosa che rischi è di uscirne arricchito, ispirato e con una voglia inaspettata di tornare.