
Contrariamente a quanto si pensi, gestire lo stress non significa trovare più tempo per rilassarsi, ma integrare micro-tecniche di riequilibrio nella propria routine quotidiana.
- Il respiro è lo strumento più potente per un sollievo fisiologico immediato e accessibile ovunque.
- La consapevolezza (mindfulness) può essere praticata anche in attività comuni come lavare i piatti o bere un caffè, trasformando la routine in recupero.
Raccomandazione: Impara a distinguere lo stress “buono” da quello “cattivo” e scegli strategicamente se agire sul problema o sulla tua reazione emotiva per riprendere il controllo.
La sensazione di essere costantemente sotto pressione, con la mente che corre più veloce del tempo a disposizione, è un’esperienza fin troppo comune. Si ha l’impressione di dover tenere insieme mille pezzi, dal lavoro alla famiglia, con la paura che uno solo possa cadere e mandare tutto in frantumi. Molti credono che la soluzione sia eliminare lo stress, cancellarlo dalla propria vita come un impegno sgradito. Ma questa è una battaglia persa in partenza. Lo stress, in sé, non è il nemico. Come affermava già nel 1976 il pioniere degli studi in materia, Hans Selye, “Lo stress è una risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso”. È una reazione naturale, un motore che può spingerci a dare il meglio.
Il vero problema sorge quando questo motore si surriscalda, trasformando l’energia in esaurimento e la spinta in ansia. Le soluzioni convenzionali — “prenditi una vacanza”, “fai yoga” — spesso suonano come un lusso irraggiungibile per chi si sente già sopraffatto. Sembrano aggiungere un altro compito a una lista già infinita. E se la chiave non fosse trovare il tempo per “de-stressarsi”, ma imparare a gestire la pressione dall’interno, trasformando i piccoli gesti e i momenti “vuoti” della giornata in opportunità di ri-calibrazione mentale e fisiologica? Non si tratta di eliminare le fonti di stress, un’impresa spesso impossibile, ma di potenziare la nostra capacità di rispondere ad esse in modo più sano e funzionale.
Questo articolo non ti chiederà di stravolgere la tua vita. Al contrario, ti fornirà un kit di pronto soccorso pratico e scientificamente validato. Esploreremo insieme come distinguere lo stress utile da quello dannoso, come usare il respiro per calmare l’ansia all’istante, come praticare la mindfulness senza bisogno di cuscini da meditazione e come scegliere strategicamente quando lottare contro un problema e quando, invece, accettare l’emozione che provoca. L’obiettivo è darti il controllo, non eliminando le onde, ma imparando a cavalcarle.
In questa guida pratica, esploreremo insieme un percorso strutturato per riappropriarsi del proprio benessere. Analizzeremo le diverse facce dello stress, forniremo strumenti immediati per gestirlo e impareremo a riconoscere quando è il momento di chiedere un supporto più specifico.
Sommaire : Una guida pratica per gestire lo stress e ritrovare il proprio equilibrio psicofisico
- Non tutto lo stress viene per nuocere: la differenza tra lo stress “buono” che ti fa rendere al meglio e quello “cattivo” che ti distrugge
- L’ansia ti assale? Il tuo superpotere è nel respiro: 3 tecniche di respirazione per calmarti all’istante (e dove vuoi)
- Non devi sederti su un cuscino per ore: come praticare la mindfulness mentre lavi i piatti (e ridurre lo stress)
- Non puoi cambiare la situazione? Cambia come reagisci: quando risolvere il problema e quando accettare l’emozione
- Come lo stress ti fa ammalare (letteralmente): il legame scientifico tra la tua mente e la tua salute fisica
- Sei solo triste o è depressione? Impara a riconoscere i segnali per capire se è un momento no o se hai bisogno di aiuto
- Hai fame davvero o sei solo stressato? Come riconoscere la fame emotiva e smettere di usare il cibo come calmante
- La mente è un muscolo, non un tabù: la guida per prenderti cura della tua salute mentale ogni giorno (e sapere quando chiedere aiuto)
Non tutto lo stress viene per nuocere: la differenza tra lo stress “buono” che ti fa rendere al meglio e quello “cattivo” che ti distrugge
Contrariamente alla sua fama, lo stress non è intrinsecamente negativo. Esiste una forma di stress “buono”, chiamato eustress, che agisce come uno stimolo positivo. È quella scarica di adrenalina prima di una presentazione importante che affina la concentrazione, o l’eccitazione per una nuova sfida che ci mobilita all’azione. L’eustress ci rende più vigili, performanti e motivati. È una risorsa preziosa che ci permette di affrontare gli ostacoli e crescere. Il problema sorge quando questo stato di attivazione diventa cronico, eccessivo e sproporzionato rispetto alle nostre capacità di recupero.
È a questo punto che l’eustress si trasforma nel suo gemello maligno: il distress. Questo è lo stress “cattivo”, quello che logora e consuma. Si manifesta quando le richieste esterne (lavorative, familiari, sociali) superano costantemente le nostre risorse interne, portando a una sensazione di impotenza e sopraffazione. Il distress non mobilita, ma paralizza. In Italia, l’impatto del distress, specialmente in ambito lavorativo, è tangibile, anche se spesso sottostimato. Sebbene i dati ufficiali possano sembrare contenuti, la realtà vissuta da molti è quella di un’erosione continua del benessere psicofisico.
La vera abilità nella gestione dello stress non è evitarlo, ma imparare a riconoscere la “soglia di eustress”, ovvero il punto esatto in cui la pressione smette di essere uno stimolo e inizia a diventare un peso. Si tratta di sviluppare una sorta di termometro interiore per capire quando stiamo traendo energia da una sfida e quando, invece, stiamo iniziando a esaurire le nostre riserve. Riconoscere questo confine è il primo, fondamentale passo per intervenire prima che il distress prenda il sopravvento e si trasformi in burnout o somatizzazioni fisiche.
L’ansia ti assale? Il tuo superpotere è nel respiro: 3 tecniche di respirazione per calmarti all’istante (e dove vuoi)
Quando l’ansia sale e il cuore inizia a battere all’impazzata, il nostro sistema nervoso autonomo è in modalità “attacco o fuga”. In questi momenti, tentare di “ragionare” con l’ansia è spesso inutile. La prima cosa da fare è una ri-calibrazione fisiologica, e lo strumento più potente, immediato e sempre disponibile che abbiamo è il respiro. Controllare il respiro significa inviare un segnale diretto al cervello per comunicargli che il pericolo è passato e può disattivare lo stato di allarme. Bastano pochi minuti per ottenere un cambiamento tangibile: studi clinici dimostrano che dedicare anche solo 5-10 minuti al giorno alla respirazione diaframmatica può ridurre significativamente il battito cardiaco e la pressione sanguigna.
Ecco tre tecniche semplici ma efficaci che puoi praticare ovunque, senza che nessuno se ne accorga: in riunione, in metro o in coda alla posta.

Come puoi vedere, la pratica non richiede ambienti speciali, ma solo un momento di concentrazione su di te. Ecco come iniziare:
- Respirazione Diaframmatica (o di pancia): Siediti o sdraiati comodo. Metti una mano sulla pancia e una sul petto. Inspira lentamente dal naso per 4 secondi, sentendo la pancia che si gonfia come un palloncino (la mano sul petto dovrebbe muoversi poco). Espira lentamente dalla bocca per 6 secondi, sentendo la pancia che si sgonfia. La chiave è un’espirazione più lunga dell’inspirazione.
- Respirazione Quadrata (Box Breathing): Questa tecnica è usata anche dai Navy SEALs per mantenere la calma sotto pressione. Immagina di disegnare un quadrato con il respiro: inspira dal naso contando fino a 4, trattieni il respiro contando fino a 4, espira dalla bocca contando fino a 4, e attendi a polmoni vuoti contando fino a 4. Ripeti il ciclo per alcuni minuti.
- Respirazione 4-7-8: Sviluppata dal Dr. Andrew Weil, è un potente tranquillante naturale. Espira completamente dalla bocca. Inspira silenziosamente dal naso contando fino a 4. Trattieni il respiro contando fino a 7. Espira rumorosamente dalla bocca contando fino a 8. Ripeti per 3-4 cicli.
Non devi sederti su un cuscino per ore: come praticare la mindfulness mentre lavi i piatti (e ridurre lo stress)
La parola “mindfulness” evoca spesso l’immagine di persone sedute in silenzio per ore su un cuscino da meditazione. Questa visione può essere intimidatoria e sembrare incompatibile con una vita frenetica. La buona notizia è che il cuore della mindfulness — prestare attenzione al momento presente in modo intenzionale e non giudicante — non richiede necessariamente una pratica formale. Si può coltivare una “mindfulness informale”, integrandola in attività che già svolgiamo quotidianamente. L’efficacia di questo approccio è supportata da decenni di ricerca, a partire dal protocollo MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) che, come confermano studi anche in Italia, aiuta a rispondere agli stimoli stressanti in modo consapevole anziché reattivo. Infatti, secondo un’analisi sull’implementazione di queste tecniche, si è visto che l’84,3% delle aziende sanitarie italiane che hanno adottato approcci simili ha registrato una riduzione del rischio stress lavoro-correlato.
L’idea di base è semplice: invece di compiere le azioni di routine con il “pilota automatico”, con la mente persa tra preoccupazioni passate e future, scegli di portare tutta la tua attenzione a quell’unica attività. Trasformare un’azione banale in un esercizio di consapevolezza permette di creare piccole oasi di pace mentale durante la giornata, senza dover “trovare” del tempo extra. Questo aiuta a interrompere il flusso continuo del pensiero ruminante, che è uno dei principali carburanti del distress.
Invece di pensare a cosa devi fare dopo, concentrati sulle sensazioni fisiche del momento: l’acqua calda sulle mani, il profumo del detersivo, il suono dei piatti. È un modo per ancorarsi al presente e dare una tregua al cervello.
Il tuo piano d’azione: tecniche di mindfulness “all’italiana” per la vita quotidiana
- Mindfulness del caffè: Domattina, durante il rito del caffè, non controllare le email. Concentrati sull’aroma che si diffonde, sul calore della tazzina tra le dita, sul sapore del primo sorso. Nota tutte le sensazioni.
- Passeggiata consapevole: Durante il tragitto per andare al lavoro o in una pausa, osserva un dettaglio architettonico del tuo quartiere che non hai mai notato, senza giudicarlo. Ascolta i suoni della città come se fosse una colonna sonora.
- Cucina meditativa: Mentre prepari la cena, focalizza la tua attenzione sulla consistenza delle verdure che tagli, sui colori degli ingredienti, sui profumi che si sprigionano dalla pentola. Sii presente in ogni gesto.
- Doccia consapevole: Senti la temperatura dell’acqua sulla pelle, il profumo del bagnoschiuma, il suono delle gocce. Per cinque minuti, la tua unica realtà è l’esperienza sensoriale della doccia.
- Detox digitale gentile: Stabilisci un’ora serale in cui silenziare le notifiche delle chat (es. dalle 21:00). Comunicalo con rispetto ai tuoi contatti, spiegando che è un tuo momento per “staccare” e ricaricarti.
Non puoi cambiare la situazione? Cambia come reagisci: when risolvere il problema e quando accettare l’emozione
Di fronte a una situazione stressante, la nostra reazione istintiva è spesso quella di combattere, di cercare una soluzione a tutti i costi. Questo approccio, definito problem-focused coping, è estremamente efficace quando il problema è concreto e risolvibile: una bolletta sbagliata, un progetto da consegnare. In questi casi, agire direttamente sulla causa dello stress è la strategia vincente. Tuttavia, ci troviamo spesso di fronte a fattori di stress che sono fuori dal nostro controllo: il traffico nell’ora di punta, un capo con uno stile di micro-management, i tempi biblici della burocrazia italiana.
Insistere nel voler “risolvere” un problema irrisolvibile è una delle principali fonti di esaurimento e frustrazione. È come dare testate contro un muro sperando che crolli. In questi scenari, la strategia più saggia e matura è quella dell’emotion-focused coping, che non significa passività, ma “accettazione attiva”. Si tratta di riconoscere di non poter cambiare la situazione esterna e, di conseguenza, spostare il focus sulla gestione della nostra reazione emotiva interna. Come sottolinea il Dott. Nicola Maffini, esperto di mindfulness, “gestire lo stress richiede prima di tutto abbandonare tutti quei comportamenti automatici che utilizziamo per anestetizzarci”.
Gestire lo stress richiede prima di tutto abbandonare tutti quei comportamenti automatici che utilizziamo per anestetizzarci.
– Dott. Nicola Maffini, Ospedale Maria Luigia – Centro Mindfulness
L’accettazione attiva non è rassegnazione, ma una scelta strategica per preservare le proprie energie mentali. Invece di lottare contro la coda in posta, la accetto e uso quel tempo per ascoltare un podcast o praticare la respirazione. Imparare a discernere quando lottare e quando accettare è una competenza fondamentale per la gestione dello stress.
Questa tabella offre una guida pratica, contestualizzata sulla realtà italiana, per aiutarti a scegliere la strategia più adatta.
| Situazione | Strategia | Azione consigliata |
|---|---|---|
| Errore su una bolletta telefonica | Risolvibile (Problem-focused) | Contattare il servizio clienti con la documentazione necessaria. |
| Coda interminabile allo sportello pubblico | Accettazione (Emotion-focused) | Accettare l’attesa. Portare un libro, ascoltare un podcast, praticare respirazione profonda. |
| Pratica complessa all’Agenzia delle Entrate | Mista | Preparare meticolosamente i documenti (problem-focused) ma accettare i tempi lunghi e le possibili complicazioni (emotion-focused). |
| Un collega costantemente lamentoso | Mista | Limitare le interazioni e comunicare i propri confini (problem-focused), ma accettare di non poter cambiare la sua personalità (emotion-focused). |
Come lo stress ti fa ammalare (letteralmente): il legame scientifico tra la tua mente e la tua salute fisica
La sensazione di “sentirsi male” a causa dello stress non è solo un modo di dire, ma una realtà biologica. Esiste una disciplina scientifica, la Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI), che studia esattamente come i pensieri e le emozioni influenzano direttamente il sistema nervoso, endocrino (ormonale) e immunitario. Quando siamo sotto stress cronico, il nostro corpo produce livelli elevati di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”. Se in piccole dosi il cortisolo è utile, un’esposizione prolungata ha effetti deleteri, in particolare sopprimendo le nostre difese immunitarie e rendendoci più vulnerabili a infezioni, infiammazioni e malattie.
Questa connessione è evidente nei dati nazionali. Secondo l’ultimo rapporto INAIL, nel 2023 si è registrato un preoccupante aumento del 19,7% delle denunce di malattie professionali rispetto all’anno precedente, un segnale che il disagio psicologico si sta traducendo sempre più in patologie fisiche concrete. I sintomi fisici dello stress sono vari e spesso mascherati: mal di testa ricorrenti, tensioni muscolari a collo e schiena, problemi digestivi, disturbi del sonno e un aumento della frequenza di raffreddori e influenze.
Un’area di ricerca particolarmente interessante è quella dell’asse intestino-cervello, una vera e propria autostrada di comunicazione bidirezionale. Lo stress mentale altera l’equilibrio della flora batterica intestinale (microbiota), e un microbiota alterato può a sua volta peggiorare i sintomi di ansia e depressione. La buona notizia è che possiamo intervenire su questo legame anche attraverso l’alimentazione. Una dieta anti-infiammatoria, come la Dieta Mediterranea, ricca di olio extra vergine d’oliva, verdure a foglia verde, frutta secca e pesce azzurro, aiuta a contrastare gli effetti negativi del cortisolo e a sostenere la salute sia dell’intestino che della mente.

Prendersi cura della propria alimentazione non è quindi solo una questione estetica, ma un intervento strategico per rafforzare la propria resilienza allo stress dall’interno, supportando il corpo nella gestione dell’infiammazione cronica di basso grado indotta dal distress.
Sei solo triste o è depressione? Impara a riconoscere i segnali per capire se è un momento no o se hai bisogno di aiuto
Provare tristezza è una parte normale e sana dell’esperienza umana. È una reazione naturale a una perdita, a una delusione o a un momento difficile. La tristezza va e viene, è legata a un evento specifico e, pur essendo dolorosa, non ci impedisce di funzionare nella vita di tutti i giorni. La depressione è qualcosa di molto diverso. Non è solo “sentirsi un po’ giù”, ma uno stato persistente e pervasivo che intacca profondamente l’umore, i pensieri, il corpo e la capacità di provare piacere (anedonia). È una condizione medica che richiede attenzione e, spesso, un intervento professionale. In Italia, la questione della salute mentale è rilevante: un recente report rivela che circa il 28% degli italiani presenta una qualche forma di disturbo mentale, con ansia e depressione tra le più diffuse.
Saper distinguere una tristezza passeggera dai campanelli d’allarme della depressione è fondamentale per capire quando è il momento di chiedere aiuto. Non si tratta di auto-diagnosticarsi, ma di avere la consapevolezza necessaria per non sottovalutare segnali importanti. I criteri chiave per fare questa distinzione sono principalmente la durata, l’intensità e l’impatto sulla vita quotidiana.
Mentre la tristezza permette ancora di avere momenti di sollievo o di gioia, la depressione tende a colorare tutto di grigio, rendendo difficile trovare interesse o energia anche per le attività che prima si amavano. Alterazioni significative e croniche del sonno (insonnia o ipersonnia) e dell’appetito (con conseguente variazione di peso) sono altri segnali fisici importanti da non ignorare.
La tabella seguente riassume i criteri distintivi principali per aiutarti a orientarti, fermo restando che solo un professionista può fare una diagnosi accurata.
| Criterio | Tristezza Normale | Possibile Depressione |
|---|---|---|
| Durata | Transitoria, dura qualche giorno o al massimo 1-2 settimane | Persistente, umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per almeno 2 settimane |
| Intensità | Gestibile, permette ancora di provare momenti di sollievo e piacere | Pervasiva e profonda, con marcata diminuzione di interesse o piacere per quasi tutte le attività (anedonia) |
| Impatto Quotidiano | Si riesce a mantenere il funzionamento sociale, lavorativo e personale | Compromissione significativa del funzionamento in ambito lavorativo, sociale o in altre aree importanti (es. cura di sé) |
| Sintomi Fisici Associati | Lievi e occasionali (es. stanchezza temporanea) | Significativi e persistenti: disturbi del sonno (insonnia/ipersonnia), variazioni di peso, agitazione o rallentamento psicomotorio, affaticamento cronico |
Hai fame davvero o sei solo stressato? Come riconoscere la fame emotiva e smettere di usare il cibo come calmante
Quante volte, dopo una giornata difficile, ti sei trovato davanti al frigorifero alla ricerca di “qualcosa di buono” senza avere una fame reale? Questo comportamento ha un nome: fame emotiva. È l’impulso a mangiare non per soddisfare un bisogno fisiologico dello stomaco, ma per placare un’emozione sgradevole come stress, ansia, noia o tristezza. Il cibo, specialmente quello ricco di zuccheri e grassi (il cosiddetto “comfort food”), agisce temporaneamente sul cervello stimolando il rilascio di dopamina e serotonina, regalandoci una breve sensazione di piacere e sollievo. Diventa un “anestetico emotivo” facile e immediato.
Nel contesto italiano, dove la cultura gastronomica è profondamente legata alle emozioni e ai ricordi (la pasta della nonna, la pizza del sabato sera), il cibo-comfort assume un ruolo ancora più potente come meccanismo di regolazione emotiva. Il problema è che questo sollievo è effimero. Subito dopo, subentrano spesso sensi di colpa e frustrazione, che possono innescare un nuovo ciclo di stress ed emozioni negative, portando a un circolo vizioso difficile da spezzare. Riconoscere la fame emotiva è il primo passo per interrompere questo schema.
Ma come distinguerla dalla fame fisica? La fame fisica è graduale, si manifesta con segnali corporei (brontolio dello stomaco, debolezza), è aperta a diverse opzioni alimentari e scompare una volta sazi. La fame emotiva, invece, è improvvisa e urgente, brama un alimento specifico (spesso dolce o salato), si manifesta nonostante si sia mangiato da poco e lascia un retrogusto di colpa. Un ottimo strumento pratico per aumentare la consapevolezza è tenere un diario alimentare-emotivo: annotare cosa si mangia e, soprattutto, come ci si sentiva prima di mangiare, aiuta a identificare i trigger emotivi specifici che innescano l’impulso.
Quando senti arrivare l’attacco di fame emotiva, invece di cedere automaticamente, prova a “mettere in pausa” l’impulso e a scegliere un’alternativa dal tuo “menu anti-stress”:
- Prepara una tisana calda e profumata, concentrandoti sull’aroma e sul calore.
- Fai 5 minuti di stretching per rilasciare le tensioni fisiche accumulate.
- Ascolta una canzone che ti dà energia e ti mette di buonumore.
- Fai una breve passeggiata intorno all’isolato, respirando profondamente.
Da ricordare
- Lo stress non è sempre negativo: l’eustress è uno stimolo positivo, il distress è un sovraccarico dannoso. La chiave è gestire il passaggio dall’uno all’altro.
- Il respiro è uno strumento di primo soccorso: tecniche come la respirazione quadrata o diaframmatica possono calmare il sistema nervoso in pochi minuti.
- La mindfulness può essere “informale”: non serve meditare per ore, ma si può praticare consapevolezza durante attività quotidiane come bere un caffè o lavare i piatti.
La mente è un muscolo, non un tabù: la guida per prenderti cura della tua salute mentale ogni giorno (e sapere quando chiedere aiuto)
Prendersi cura della propria salute mentale dovrebbe essere normale quanto prendersi cura della salute fisica. Proprio come alleniamo i muscoli in palestra, dobbiamo allenare la nostra mente alla resilienza e alla consapevolezza. Le tecniche di respirazione, la mindfulness informale e la capacità di regolare le emozioni sono gli “esercizi” quotidiani di questa palestra mentale. Creare una routine di igiene mentale, fatta di piccoli gesti consapevoli, è il fondamento per costruire un benessere duraturo e per gestire le inevitabili pressioni della vita con maggiore equilibrio.
Tuttavia, proprio come a volte un dolore fisico richiede la valutazione di un medico, ci sono momenti in cui il “fai da te” non è sufficiente. Quando lo stress diventa cronico, quando i sintomi ansiosi o depressivi persistono per settimane e iniziano a compromettere il lavoro, le relazioni o la cura di sé, è un segno di forza, non di debolezza, chiedere un supporto professionale. Superare lo stigma è fondamentale, come ricorda una campagna di sensibilizzazione del Ministero della Salute:
Nessuno si vergognerebbe di andare dal cardiologo per il cuore. Lo psicologo è il medico della mente.
– Campagna di sensibilizzazione italiana, Ministero della Salute
In Italia esistono diverse vie accessibili per ottenere aiuto. Il primo passo è spesso parlarne con il proprio Medico di Medicina Generale, che può fare una prima valutazione e indirizzare verso il percorso più adatto. I Centri di Salute Mentale (CSM), presenti sul territorio e afferenti alle ASL, offrono servizi psicologici e psichiatrici attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, è importante informarsi sul Bonus Psicologo, un contributo governativo gestito dall’INPS per sostenere le spese delle sedute, accessibile tramite il portale dell’istituto. Infine, esistono servizi di supporto telefonico gratuito come Telefono Amico Italia e piattaforme online autorizzate che offrono percorsi di psicoterapia con professionisti qualificati.
Le tecniche e le strategie discusse in questa guida sono strumenti potenti per la gestione autonoma dello stress. Tuttavia, applicarle in modo efficace richiede consapevolezza e, a volte, una guida personalizzata. Un professionista può aiutarti a identificare i tuoi specifici fattori di stress, a comprendere i tuoi schemi di reazione e a costruire un piano d’azione su misura per le tue esigenze, accelerando il percorso verso un nuovo equilibrio.
Domande frequenti sulla gestione dello stress e il supporto psicologico
Quando è il momento di chiedere aiuto professionale?
È il momento di chiedere aiuto quando i sintomi dello stress o dell’ansia persistono per più di due settimane, interferiscono significativamente con la tua vita quotidiana (lavoro, relazioni, cura personale), o se compaiono pensieri di autolesionismo o suicidio. Non aspettare che la situazione peggiori: intervenire tempestivamente è fondamentale.
Come posso accedere al Bonus Psicologo in Italia?
Per accedere al Bonus Psicologo, devi presentare domanda sul portale dell’INPS, autenticandoti con SPID, CIE o CNS. Cerca la prestazione “Contributo sessioni di psicoterapia”. Il contributo economico varia in base alla fascia ISEE del nucleo familiare. È importante monitorare il sito dell’INPS per conoscere le finestre temporali in cui è possibile presentare la domanda.
Cosa sono i Centri di Salute Mentale (CSM)?
I Centri di Salute Mentale (CSM) sono servizi territoriali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che offrono assistenza psichiatrica e psicologica per adulti. Si può accedere tramite impegnativa (ricetta rossa o dematerializzata) del proprio medico di base. Offrono valutazioni, percorsi di psicoterapia, supporto farmacologico e interventi riabilitativi. Per trovare il CSM di competenza, puoi consultare il sito della tua Azienda Sanitaria Locale (ASL).