Una mente umana che si trasforma da una forma chiusa e ristretta a una forma esplosiva e ramificata, simbolo dello sblocco della capacità di trovare soluzioni innovative
Pubblicato il Marzo 15, 2024

L’innovazione non è un talento innato, ma un processo metodico che chiunque può apprendere e applicare per risolvere problemi complessi.

  • La chiave è alternare fasi di pensiero espansivo (divergenza) con fasi di selezione focalizzata (convergenza).
  • Le idee migliori nascono dalla collaborazione strutturata e dall’intelligenza collettiva, non dal genio solitario.

Raccomandazione: Smetti di cercare “l’idea geniale” e inizia a costruire un sistema per generare e validare soluzioni efficaci, partendo dagli strumenti pratici di questo manuale.

Ti è mai capitato di fissare un problema per ore, provando le stesse soluzioni, sperando in un risultato diverso? Che si tratti di lanciare un nuovo prodotto, ottimizzare un processo aziendale o superare una sfida personale, spesso ci troviamo intrappolati in schemi mentali che limitano la nostra capacità di vedere oltre l’ovvio. La frustrazione aumenta e l’unica via d’uscita sembra essere un “lampo di genio” che, puntualmente, non arriva.

Il consiglio più comune è “pensa fuori dagli schemi”. Una frase tanto ispiratrice quanto inutile. È come dire a qualcuno che non sa nuotare di “attraversare il fiume”. Senza una tecnica, una strategia e degli strumenti, è solo un invito al fallimento. Il problem solving creativo non è magia, né un talento riservato a pochi eletti. È una disciplina, un artigianato che unisce logica e immaginazione, un processo strutturato che può essere appreso e replicato.

E se la vera chiave non fosse sforzarsi di essere “più creativi”, ma adottare una metodologia che costringe la nostra mente a percorrere sentieri inesplorati? Questo articolo non ti darà pacche sulla spalla, ma ti fornirà una cassetta degli attrezzi concreta. Esploreremo insieme la meccanica della creatività, smontando il mito del genio solitario per abbracciare la forza dell’intelligenza collettiva. Vedremo come trasformare i limiti, incluso un budget zero, in potenti catalizzatori di innovazione.

Preparati a smettere di pensare come al solito. Iniziamo un percorso pratico per costruire la tua personale “bottega dell’innovazione”, dove i problemi complessi diventano la materia prima per creare soluzioni straordinarie. Questo manuale ti guiderà passo dopo passo, dal generare idee non convenzionali al trasformare la migliore intuizione in un progetto di successo, con esempi e metodi radicati nel contesto italiano.

Per chi preferisce un approccio diretto e un riassunto dei concetti chiave, il video seguente offre una potente immersione nella mentalità giusta per trasformare ogni problema in un’opportunità di soluzione.

Questo articolo è strutturato come un percorso guidato, che parte dai principi fondamentali del pensiero creativo per arrivare agli strumenti pratici per lanciare e validare la tua idea. Ecco la mappa del nostro viaggio nell’artigianato della soluzione.

Prima allarga, poi stringi: la regola d’oro del problem solving che unisce creatività e logica

Il più grande errore nel problem solving è cercare la soluzione giusta troppo presto. Saltiamo immediatamente alle conclusioni, guidati da preconcetti e dall’ansia di “risolvere”. Il vero segreto del pensiero innovativo risiede invece in un ritmo a due tempi: prima divergenza, poi convergenza. Questo modello, al cuore del Design Thinking e del Creative Problem Solving, non è solo una teoria, ma una pratica redditizia: una ricerca sulle metodologie di innovazione mostra che quasi un terzo delle aziende italiane (32%) lo usa per guidare la propria crescita.

La fase di divergenza è un’esplorazione senza giudizio. L’obiettivo non è trovare la risposta corretta, ma generare il maggior numero possibile di opzioni, domande, prospettive e idee, anche quelle che sembrano assurde. È il momento di “allargare” il campo visivo, sospendendo la critica per abbracciare la quantità. Solo dopo aver raccolto un vasto materiale grezzo, si passa alla fase di convergenza. Qui, la logica e il pensiero critico tornano protagonisti. Le idee vengono raggruppate, analizzate, confrontate con i vincoli reali (budget, tempo, tecnologia) e infine selezionate per arrivare alla soluzione più promettente da prototipare.

Studio di caso: Il modello Brembo, dall’ispirazione globale al prodotto italiano

Brembo, leader mondiale nei sistemi frenanti, è un esempio perfetto di come questo modello funzioni su larga scala. La fase di divergenza avviene nei suoi “Inspiration Labs” nella Silicon Valley e a Shanghai, dove esplora concept audaci e tecnologie emergenti lontane dal core business. Questa esplorazione creativa viene poi incanalata nella fase di convergenza, dove i centri R&D traducono le intuizioni più promettenti in prodotti industrializzabili e performanti, mantenendo l’azienda all’avanguardia della mobilità.

Pensare in questo modo significa resistere all’impulso di trovare subito la risposta. Significa darsi il permesso di esplorare il caos per poi, con metodo, trovare l’ordine. Senza una divergenza coraggiosa, la convergenza si limita a ottimizzare l’esistente. Senza una convergenza rigorosa, la divergenza resta un puro esercizio di fantasia.

Per padroneggiare questo ritmo, è essenziale comprendere a fondo la dinamica tra divergenza e convergenza.

Come risolvere un problema impossibile: 3 esercizi di pensiero laterale per forzare la tua mente a cambiare prospettiva

Quando siamo bloccati, la nostra mente tende a percorrere sempre gli stessi sentieri neurali. Il pensiero laterale, un termine coniato da Edward de Bono, non è altro che un insieme di tecniche per forzare il cervello a uscire da questi solchi e a costruire nuove connessioni. Non si tratta di “essere creativi”, ma di applicare deliberatamente degli stimoli che rompano gli schemi logici abituali. È un allenamento per la mente, un modo per imparare a guardare il noto come se fosse sconosciuto.

Queste tecniche agiscono come delle “provocazioni” mentali. Ci costringono a mettere in discussione i presupposti che davamo per scontati e a considerare alternative apparentemente illogiche. L’obiettivo non è trovare subito una soluzione valida, ma generare punti di partenza inediti da cui poi sviluppare idee concrete. È un processo che richiede pratica, ma che può trasformare radicalmente il modo in cui affrontiamo le sfide più ardue.

Come mostra l’immagine, la realtà percepita dipende interamente dal punto di osservazione. Gli esercizi di pensiero laterale servono proprio a questo: a farci spostare fisicamente o mentalmente per sbloccare prospettive multiple. Ecco tre esercizi pratici, calati nel contesto italiano, per allenare questa abilità.

  1. Esercizio 1 – Il Paradosso del Bel Paese: Prendi un problema tipicamente italiano (es. la lentezza della burocrazia). Applica la tecnica dell’inversione: invece di chiederti “Come possiamo accelerare le pratiche?”, chiediti “Quali vantaggi inaspettati potrebbe portare la lentezza? Potrebbe garantire più controlli? Potrebbe scoraggiare iniziative speculative?”. L’obiettivo è trasformare il difetto in una caratteristica da cui estrarre un valore nascosto.
  2. Esercizio 2 – L’Ispirazione dalla Sagra: Usa il metodo dell’analogia. Prendi un problema aziendale (es. “come migliorare la logistica del nostro magazzino”) e riformulalo in un contesto diverso: “Come organizzeremmo la distribuzione di cibo e bevande durante una sagra di paese con 10.000 persone, usando solo volontari e un budget minimo?”. Questa analogia forza a pensare a soluzioni basate su efficienza, modularità e coinvolgimento.
  3. Esercizio 3 – Il Ribaltamento del Made in Italy: Applica la tecnica del rovesciamento. Se il problema è “Come possiamo esportare il nostro prodotto artigianale?”, la domanda rovesciata diventa “Come possiamo convincere i clienti internazionali a venire in Italia per vivere un’esperienza unica legata al nostro prodotto, che non può essere esportata?”. Questo sposta il focus dal prodotto all’esperienza, aprendo a modelli di business completamente nuovi.

Questi esercizi non forniscono risposte immediate, ma rompono le catene del pensiero convenzionale. Per applicarli efficacemente, è utile rileggere queste tre tecniche di pensiero laterale e provarle sulla tua prossima sfida.

Il mito del genio solitario: perché le idee migliori non nascono mai da soli (e come creare un team davvero innovativo)

La nostra cultura è ossessionata dalla figura del genio solitario: l’inventore nel suo garage, l’artista nella sua soffitta. Ma la storia dell’innovazione, da quella rinascimentale a quella della Silicon Valley, racconta una verità diversa: le idee rivoluzionarie sono quasi sempre il frutto di intelligenza collettiva e contaminazione. Le grandi intuizioni non emergono nel vuoto, ma all’incrocio tra discipline, esperienze e punti di vista differenti. Isolare un team per “creare” non funziona; è necessario costruire un ecosistema fertile.

Un team davvero innovativo non è un gruppo di persone che la pensano allo stesso modo, ma un insieme di diversità cognitive. Ha bisogno dell’analitico e del sognatore, del tecnico e dell’umanista, dell’esperto di settore e del neofita che pone domande “stupide” ma fondamentali. Il ruolo del leader non è avere l’idea migliore, ma creare le condizioni psicologiche e fisiche affinché queste idee possano emergere, scontrarsi e combinarsi in modi inaspettati. Significa favorire la sicurezza psicologica, dove ogni membro si sente libero di esprimere un’idea bizzarra senza paura del giudizio.

Studio di caso: H-Farm, la bottega rinascimentale 2.0 nel Veneto

Fondato a Roncade, H-Farm incarna perfettamente il modello della “bottega dell’innovazione”. Non è un semplice incubatore, ma un campus dove studenti, imprenditori, startupper e manager di grandi aziende si incontrano e collaborano. Questa contaminazione continua tra saperi diversi (tecnologia, business, design, agricoltura) ha creato un terreno fertile da cui sono nate startup di successo e persino un “unicorno” come Depop. H-Farm dimostra che l’investimento in uno spazio di collaborazione fisica e culturale genera un valore enorme.

Questa logica non si applica solo alle grandi piattaforme di innovazione. Sul territorio italiano, esistono modelli di successo basati sulla stessa filosofia. Pensiamo alle oltre 321 cooperative di comunità mappate, dove cittadini si uniscono per risolvere problemi locali, dalla gestione di un bene culturale alla fornitura di servizi essenziali in aree marginali. Questi sono esempi potenti di innovazione dal basso, dove la collaborazione supplisce alla mancanza di risorse, dimostrando che il vero capitale è quello umano e relazionale.

Creare un ambiente fertile per l’innovazione è una scelta strategica. Per capire come, è utile rivedere i principi che demoliscono il mito del genio solitario.

Il brainstorming classico non funziona: 3 alternative silenziose per generare idee migliori e dare voce a tutti

Chiedi a qualsiasi manager come si generano idee in gruppo e la risposta sarà quasi sempre “facciamo brainstorming”. Eppure, decenni di ricerca dimostrano che il brainstorming tradizionale, quello in cui tutti parlano liberamente, è un metodo sorprendentemente inefficiente. Soffre di due problemi principali: il “production blocking” (mentre uno parla, gli altri non possono esprimere le proprie idee e rischiano di dimenticarle) e la “evaluation apprehension” (la paura del giudizio, che inibisce le persone più introverse o gerarchicamente inferiori dall’esprimere idee audaci).

Il risultato è che le sessioni di brainstorming sono spesso dominate dalle voci più forti o più anziane, non necessariamente dalle idee migliori. La soluzione controintuitiva è introdurre il silenzio e la scrittura. I metodi di “brainwriting” separano l’atto di generare idee da quello di discuterle, permettendo a tutti di contribuire in parallelo e in modo anonimo. Questo non solo aumenta drasticamente la quantità di idee prodotte, ma ne migliora anche la qualità e la diversità.

Esistono diverse tecniche di brainwriting, ma condividono tutte lo stesso principio: prima si scrive, poi si condivide. Questo approccio silenzioso e strutturato garantisce che ogni partecipante abbia lo stesso spazio e tempo per pensare, livellando il campo di gioco. Ecco tre alternative potenti al brainstorming classico:

  • 1. Metodo 6-3-5: 6 partecipanti, 3 idee a testa, 5 minuti di tempo per round. Dopo ogni round, i fogli vengono passati al vicino. In soli 30 minuti, questo metodo può generare fino a 108 idee (6 partecipanti x 3 idee x 6 round), sfruttando le idee degli altri come stimolo per le proprie.
  • 2. Note-and-Vote: Ogni partecipante scrive individualmente le proprie idee su post-it. Successivamente, tutti i post-it vengono affissi su una parete e raggruppati per affinità tematica (senza discussione). Infine, ogni persona riceve un numero limitato di “voti” (es. puntini adesivi) da distribuire sulle idee che ritiene più promettenti. Questo processo rapido fa emergere le proposte con il maggior consenso collettivo in modo democratico.
  • 3. Round Robin Silenzioso: Simile al 6-3-5 ma più semplice. Si parte con una domanda o un problema scritto su un foglio. Il foglio viene passato in cerchio e ogni persona aggiunge un’idea prima di passarlo al successivo. Questo metodo è ottimo per costruire in modo incrementale su un’idea iniziale.

Introdurre queste tecniche richiede un cambio di mentalità. Per iniziare concretamente, è utile approfondire le alternative silenziose al brainstorming tradizionale e scegliere la più adatta al proprio team.

Innovare con zero budget: cosa possiamo imparare dall’arte di arrangiarsi dei paesi emergenti

L’idea che l’innovazione richieda ingenti investimenti in Ricerca e Sviluppo è una narrazione che favorisce le grandi corporation, ma che spesso non corrisponde alla realtà. Anzi, l’abbondanza di risorse può portare all’inerzia e a soluzioni complesse e costose. Al contrario, la scarsità di risorse può essere un potentissimo catalizzatore di creatività. Questo approccio, noto come innovazione frugale o “Jugaad” in India, si basa sul principio di “fare di più con meno”.

Innovare frugalmente significa semplificare prodotti e processi, riutilizzare risorse esistenti in modi nuovi e concentrarsi sulla funzionalità essenziale, eliminando tutto ciò che è superfluo. È un’arte di arrangiarsi che trasforma i vincoli in opportunità. Invece di chiedere “Cosa potremmo fare con un budget illimitato?”, la domanda diventa “Qual è la soluzione più intelligente che possiamo creare con le risorse che abbiamo qui e ora?”. Questo cambio di prospettiva è fondamentale per le PMI e le startup, specialmente nel contesto italiano.

In Italia, questo modello permette alle piccole e medie imprese di accedere a nuovi mercati, ridurre i costi e migliorare la sostenibilità. Le cooperative sociali, ad esempio, sono maestre di innovazione frugale: spesso mobilitano risorse locali “dormienti” per creare soluzioni a problemi comunitari con impatti enormi e budget minimi. Ma anche a livello governativo si riconosce l’importanza di abbattere le barriere finanziarie: il programma Smart&Start Italia ha già finanziato 1.549 startup innovative, dimostrando che il supporto pubblico mirato può attivare un circolo virtuoso di investimenti e crescita.

L’approccio frugale si basa su alcuni principi chiave:

  • Semplificare radicalmente: Rimuovere ogni feature non essenziale per concentrarsi sul valore principale.
  • Pensare orizzontalmente: Combinare tecnologie o risorse esistenti e a basso costo in modi nuovi.
  • Includere l’utente finale: Co-creare soluzioni con i clienti per assicurarsi che rispondano a un bisogno reale e immediato.
  • Scalare in modo sostenibile: Progettare modelli di business che possano crescere senza richiedere enormi capitali.

Questo non significa creare prodotti di bassa qualità, ma prodotti di alta intelligenza, dove l’ingegno sostituisce il capitale.

Per adottare questa mentalità, è cruciale capire , anche partendo da zero.

Disegnare male per risolvere meglio i problemi sul lavoro: il legame nascosto tra creatività artistica e innovazione

Alla richiesta di “disegnare un’idea”, la maggior parte degli adulti in un contesto aziendale va nel panico. “Non so disegnare” è la risposta quasi universale. Questa paura del giudizio estetico ci priva di uno dei più potenti strumenti di pensiero a nostra disposizione. Il visual thinking, o pensiero visivo, non ha nulla a che vedere con l’arte; si tratta di usare forme, frecce e figure semplici per rendere tangibili i pensieri astratti.

Quando traduciamo un concetto complesso (un processo, una strategia, un’esperienza utente) in uno schizzo, anche se brutto, succedono due cose magiche. Primo, forziamo il nostro cervello a chiarire l’idea a noi stessi. Non puoi disegnare ciò che non hai capito. Secondo, creiamo un artefatto condivisibile. Un disegno, a differenza di un documento di 20 pagine, è immediato, invita alla discussione e permette a tutto il team di “vedere” lo stesso problema e collaborare sulla stessa mappa. Come sosteneva il maestro del design italiano Bruno Munari, la semplificazione è un atto di grande intelligenza.

Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto ciò che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare.

– Bruno Munari, Filosofia del Design Munari

Strumenti come lo sketchnoting (prendere appunti visivi) trasformano riunioni passive in sessioni di elaborazione attiva. Disegnare un flusso di decisione, mappare le relazioni tra diversi stakeholder o creare uno storyboard di un servizio costringe a pensare in modo sistemico e a identificare falle e opportunità che nel solo testo resterebbero invisibili. È una pratica che, come insegnano formatori italiani specializzati in questo campo, rende il lavoro di gruppo più inclusivo ed efficace, superando la “sindrome da perfezionismo” che blocca l’ideazione.

Il punto non è creare un bel disegno, ma creare chiarezza. La prossima volta che affronti un problema complesso, prendi un foglio e prova a “disegnarlo male”. Potresti scoprire che la soluzione era lì, nascosta tra uno scarabocchio e una freccia.

Per superare la paura del foglio bianco e utilizzare il disegno come strumento strategico, è utile approfondire il legame tra pensiero visivo e problem solving.

Da ricordare

  • L’innovazione è un processo metodico basato sul ritmo divergenza-convergenza, non un evento casuale.
  • La collaborazione strutturata e silenziosa (brainwriting) è più efficace del brainstorming classico per generare idee di qualità.
  • Validare la domanda di mercato prima di costruire il prodotto è il passo più importante per evitare il fallimento.

La tua idea vale zero (se nessuno la vuole): come capire se la tua intuizione è una vera opportunità di mercato prima di investirci un euro

Nel cimitero delle startup, la lapide più comune reca una sola scritta: “Un prodotto fantastico che nessuno ha voluto comprare”. La passione per la propria idea può essere un potente motore, ma anche un pericoloso paraocchi. Innamorarsi della soluzione invece che del problema è l’errore fatale che porta moltissimi imprenditori a costruire qualcosa di tecnicamente perfetto ma commercialmente irrilevante. I dati sono impietosi: secondo un’analisi di CBInsights, la causa di fallimento più comune è proprio questa, con un impressionante 42% delle startup che muore per assenza di mercato.

Prima di scrivere una riga di codice, disegnare un prototipo o affittare un ufficio, c’è una sola domanda a cui rispondere: “Chi è disposto a pagare per risolvere questo problema, e perché?”. La validazione del mercato non è un’opzione, è il fondamento. Significa uscire dal proprio ufficio (o dalla propria testa) e andare a parlare con i potenziali clienti. Non per vendere, ma per ascoltare. L’obiettivo è raccogliere dati e feedback per confermare o smentire le proprie ipotesi sul problema, sulla soluzione e sulla disponibilità a pagare.

Il processo di validazione si basa su esperimenti rapidi e a basso costo. Si può partire con semplici interviste per comprendere a fondo il “dolore” del cliente. Poi si può creare uno “smoke test”: una landing page che descrive il prodotto che non esiste ancora, con un pulsante “Richiedi accesso anticipato” o “Pre-ordina”. Il numero di persone che lasciano la loro email è un primo, potente indicatore di interesse reale. Un altro strumento è il Minimum Viable Product (MVP), che non è la versione “brutta” del prodotto finale, ma la versione che permette di testare l’ipotesi di valore principale con il minimo sforzo possibile.

Questo approccio scientifico all’imprenditorialità trasforma le opinioni in dati. Ogni feedback negativo è un regalo, perché permette di correggere la rotta (o di abbandonare l’idea) prima di aver sprecato tempo e denaro. Un’idea non validata è solo un hobby costoso. Un’idea validata è l’inizio di un business.

Per trasformare un’intuizione in un’opportunità concreta, è fondamentale capire a fondo come funziona il processo di validazione del mercato.

Fare impresa non è per tutti, ma può essere per te: la mappa per trasformare un’idea in un’azienda di successo

Avere un’idea innovativa e validata dal mercato è il primo, fondamentale passo. Ma trasformare quell’idea in un’azienda sostenibile è un viaggio completamente diverso, che richiede competenze manageriali, finanziarie e burocratiche. Fare impresa in Italia può sembrare un labirinto, ma con una mappa chiara è possibile navigarlo con successo. Il primo bivio è la scelta della forma giuridica, una decisione che impatta su tasse, costi, responsabilità e accesso al credito.

La scelta dipende interamente dalla natura del progetto. Un consulente o un freelance potrebbe trovare nel regime forfettario (Partita IVA) la soluzione più agile e a basso costo. Un piccolo negozio o un’attività artigianale potrebbe optare per una Ditta Individuale. Ma per una startup con ambizioni di crescita, che magari necessita di raccogliere capitali, una forma societaria come la SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) o la SRL è quasi d’obbligo, in quanto separa il patrimonio dell’azienda da quello personale dei soci e conferisce maggiore credibilità.

Ecco una tabella comparativa per orientarsi tra le opzioni più comuni per chi inizia un’attività in Italia.

Confronto tra le Forme Giuridiche di Impresa in Italia
Forma Giuridica Costi Fissi Indicativi Adatta Per Complessità Burocratica
Partita IVA (Forfettario) Bassi (solo INPS) Liberi professionisti, consulenti, micro-attività Bassa
Ditta Individuale Medi (INPS + Commercio) Piccole imprese tradizionali Media
SRLS (Società a Responsabilità Limitata Semplificata) Medi-alti (contabile obbligatorio) Startup innovative, progetti che necessitano di credibilità societaria Alta
Cooperativa Sociale Medi-alti (gestione più complessa) Imprese a finalità sociale, gestione beni comuni, inserimento lavorativo Molto Alta

Una volta scelta la veste giuridica, inizia il percorso burocratico vero e proprio. Anche qui, procedere con metodo è essenziale per non perdere tempo e risorse. È fondamentale farsi assistere da un commercialista esperto, che può guidare attraverso i vari passaggi e aiutare a identificare gli incentivi disponibili.

Piano d’azione: I primi passi per costituire la tua impresa in Italia

  1. Scelta della forma giuridica: Valuta con un commercialista l’opzione migliore (Partita IVA forfettaria, Ditta Individuale, SRLS, etc.) in base alla tua attività e agli obiettivi di crescita.
  2. Valutazione fiscale e costi: Fai una stima precisa dei costi annuali (INPS, Camera di Commercio, assicurazioni) e del regime fiscale applicabile.
  3. Registrazione e Partita IVA: Iscriviti al Registro delle Imprese tramite la Camera di Commercio e apri la Partita IVA.
  4. Conto bancario dedicato: Apri un conto corrente esclusivamente per l’attività, per garantire una corretta separazione patrimoniale e una gestione contabile pulita.
  5. Accesso a incentivi: Se sei una startup innovativa, registrati nell’apposita sezione del Registro delle Imprese per accedere a bandi come Smart&Start Italia, che offre finanziamenti a tasso zero.

Per navigare con sicurezza questo percorso, è essenziale avere una chiara comprensione di .

Ora che hai la mappa completa, dal concepimento dell’idea alla sua messa a terra, l’unica cosa che resta da fare è iniziare. Il momento perfetto non esiste. Inizia oggi a mettere in pratica questi strumenti per costruire la tua capacità di risolvere problemi e creare valore.

Domande frequenti su come validare un’idea di business

Cosa significa validare un’idea di startup?

Validare significa testare concretamente la propria idea sul mercato, raccogliendo dati e feedback dai potenziali clienti per capire se esiste una reale richiesta e una disponibilità economica per il prodotto o servizio.

Qual è il modo più veloce per iniziare la validazione?

Creare un questionario mirato (tramite Google Forms, Typeform) e condurre interviste con potenziali clienti target in community digitali, gruppi LinkedIn o network professionali verticali permette di ottenere riscontri rapidi nella fase iniziale.

L’MVP deve essere sempre un prodotto digitale sviluppato?

No, può essere una demo manuale, un prototipo non funzionante, una landing page (smoke test) o persino una presentazione, purché permetta di testare la reazione del mercato alla core feature senza investimenti eccessivi.

Qual è l’errore più diffuso tra le startup alle prime armi?

Affidarsi ai pareri di amici o parenti, tralasciando una reale analisi dei dati di mercato e dei feedback da veri potenziali clienti in target.

Scritto da Giulia Moretti, Giulia Moretti è una business mentor ed ex fondatrice di startup con 15 anni di esperienza nel mondo dell'innovazione, specializzata nell'aiutare imprenditori e manager a sviluppare strategie di crescita efficaci.